In questo post voglio postare un video, dove viene mostrato tutto quello che può accadere e gli errori che possono essere commessiin una regata: dal gennaker incarammelato che fa scuffiare la nostra deriva; dall'evitare una barca scuffiata in boa; dal cercare di salvare il proprio timoniere che è quasi in acqua; dal cercare di ripartire dopo essere scuffiati mentre tutte le altre barche passano vicino; dall'evitare ostacoli facendo una gimcana...
Tutte queste peripezie fanno parte di una regata, soprattutto se ci sono molti principianti in gara, ma allo stesso tempo sono parte intrinseche del divertimento che si può provare!!
In questo video si può notare, e invidiare, anche la bellezza, l'emozione che si prova veleggiando su queste acque cristalline, con un bel vento e un mare calmo, l'ideale per un velista!
Avete presente quella brezza marina che d'estate vi fa portare dietro un golfino se volete fare una passeggiata lungo mare??
Bene. Sapete il motivo dell'origine di questa brezza?
Se la risposta è si, bravi, se la risposta è no, lo vedremo in seguito.
Prima di tutto, la brezza che sentiamo di notte non è marina, come si è soliti sentire dire, ma è di terra.
La brezza marina l'abbiamo di giorno. Durante le giornate assolate il suolo riscalda più velocemente del mare e lo squilibrio ( abbassamento di pressione sul suolo, e aumento di pressione sulla superficie marina ) provoca una brezza di mare verso la costa (parte alta dell'immagine).
Di notte avremo l'effetto contrario, la terra si raffredderà più rapidamente ( alta pressione al suola, bassa pressione sul mare), il mare sarà quindi più caldo e il ciclio si inverte, provocando una brezza di terra verso il mare ( figura in basso dell'immagine precedente).
Le brezze sono correnti d'aria localizzate che si presentano senza alterazioni quando non sussistono sistemi di perturbazione dovute alla situzione atmosferica in generale.
La velocità di una brezza di puà arrivare ai 10/12 kns sul lago, mentre in mare 10/15 kns.
Ecco perchè è meglio portarci un golfino dietro per farci la passeggiata di notte sulla promenade!!
Come ci dobbiamo comportare in caso di incaglio, falle o avaria al timone??
Se abbiamo MacGyver a bordo no problem: troverà sicuramente una soluzione e ci porterà in salvo! Se no seguite queste semplici istruzioni che vi potranno tornare utili…
Può capitare essendo inesperti o non avendo prestato massima attenzione di incagliarsi, o andare a secca, con il fondo marino.
Niente paura. Bisogna mantenere calma e sangue freddo, perché, come tutte le cose, se iniziamo ad agitarci non ne verremo mai a capo.
L’incaglio su fondo marino sabbioso o fangoso può sempre in qualche modo risolversi, problema diverso se è venuto su fondo roccioso.
Prima cosa: spegnere motore e verificare se vi sono danni alla carena, quindi scandagliare il fondo prima di porre mano a tentativi di disincaglio.
Per disincagliare il fondo bisognerà cercare di sbandare lo scafo facendo spostare le persone, o tonneggiando, ovvero distendendo l’ancora e virando sul cavo col verricello o forza di braccia.
E se abbiamo una falla??? Nel caso vi siano delle falle alla carena in prossimità della linea di galleggiamento bisognerà cercare di visualizzarla. Per farla venire allo scoperto bisognerà sbandare la barca sopravento, se c’è fondale sabbioso o fangoso, per poi tamponare la falla all’esterno.
Ultimo rimedio in caso avessimo una avaria al timone. In tale evidenza si potrà governare con i motori, caso in cui abbiamo un’unità bielica, oppure tenendo sporto in fuori un remo da poppa (tranquilli, non dovrete iniziare a remare, cercando si spostare una barca che pesa 16 tonnellate! ) oppure utilizzare un parabordo filato in acqua e collegato a poppa con due cime di lunghezza adeguata, agendo su una delle quali si farà accostare la poppa dallo stesso lato.
Con queste quattro soluzioni possiamo improvvisarci anche noi dei MacGyver, soprattutto per quanto riguarda l’ultima… meglio prevenire che curare, sperando che a nessuno di noi capiti un problema del genere vi auguro buon vento!!!!
Il timoniere è colui che conduce l’imbarcazione, decide la rotta da dover seguire; è colui che decide quando virare o strambare; è colui che decide quando orzare o quanto poggiare; insomma se fossimo su un’automobile deciderebbe lui se girare destra o sinistra, quando frenare o accelerare.
Cosa succede se il nostro timoniere cade in acqua?? Bè se succede questo, ci sono dei problemi…
Può capitare che, mentre il povero prodiere se ne sta ben fuori al trapezio, il timoniere, anche lui pronto a schienare per contrastare le raffiche cercando di aiutare il compagno, con lo stick in mano, gli spruzzi che coprono il viso eh… pluff per magia il timoniere sparisce… il prodiere a questo punto ha solo una possibilità: sganciarsi in fretta e riuscire ad entrare a bordo per condurre lui la barca o sganciarsi in fretta prima che la barca gli venga addosso e stare, il più possibile vicino alla barca, perché con il vento e la corrente forte, la barca scarroccia a una velocità spropositata.
Ma come mai il timoniere è finito in acqua?!?! Molto probabilmente, lo stick gli è scivolato di mano, o ha mancato le cinghie ai piedi…
Se uno dovesse vedere una scena del genere scambierebbe i due velisti per due pagliacci che stanno facendo un numero. Sembra assurda come scena, ma, ahimè, può capitare, presi dalla foga, ed essendo concentrati, i movimenti diventano meccanici, e ci dimentichiamo di dare una sbirciatina per controllare se tutte è a posto…e voliamo in acqua…
Vi lascio con un video trovato su youtube, se non volete guardarlo tutto, guardate l’ultimo pezzo.. qua il timoniere ( l’equipaggio è formato solo da lui essendo un laser) si fa un bel volo…mancando, appunto, le cinghie ai piedi!!!
Cosa dovete fare se un membro del vostro equipaggio per sbaglio cade in acqua??
Lasciarlo in acqua non sarebbe una cosa carina da fare, e se non siamo dei baywatch è meglio non improvvisarci bagnini, se no invece che una persona, il nostro comandante dovrà salvare ben due persone!
In caso di caduta “uomo a mare” occorrerà mettere subito il timone a lato caduta, discostando così l’elica e la poppa dal naufrago. Dopo aver fatto questa manovra, se non andiamo a velocità modesta e siamo su un’imbarcazione medio lunga, lanciamo un salvagente di tipo anulare. Se dovessimo perdere un uomo a mare durante una navigazione notturna, oltre al salvagente dovremmo lanciare una boetta luminosa ( foto a fianco ) per segnalare il punto. Allorchè bisogna accostare di 70°, invertire lato al timone fino ad assumere rotta inversa da quella iniziale.
Lo scafo dovrà descrivere un arco completo (Curva di Williamson, foto a fianco ) fino a tornare nei pressi del naufrago. La manovra dovrà essere ampia circa dai 60° ai 90°. Dovremo avvicinarci al naufrago sottovento, se possediamo un’imbarcazione piccola, mentre se possediamo un'imbarcazione grossa ci avvicineremo sopravento, così poter riparare il naufrago dal moto ondoso e dal vento, facendoci scarrocciare vicino ad esso.
L’accosto di 70° circa ci permette di poter raggiungere il punto esatto dove si trova il naufrago senza allontanarci troppo o dover impiegare più manovre del necessario.
Arrivati al punto desiderato potremo mettere in salvo il nostro membro dell'equipaggio e proseguire con la navigazione.
Vi allego questo video, sul recupero uomo a mare. Sarebbe meglio non perdere un membro dell’equipaggio in questo modo, però almeno questi ragazzi lo hanno “salvato”.
Avete presente i motociclisti quando impennano la loro moto?? Quando una barca plana l’effetto è lo stesso l’adrenalina va a mille, la prua della barca inizia ad alzarsi, impennandosi…tirandosi la poppa dietro. Questo effetto lo si prova soprattutto con il gennaker armato o con lo spy, che fa da traino, e , avendo tre vele invece che le solite due, avremo quindi più potenza: è lo stesso principio della moto, quando vuoi impennare la moto, inizi a dare gas e ad accelerare, con il gennaker, la velocità della tua barca inizia ad aumentare, e anche di tanto.
Il sentore di una planata in deriva inizia con alcun i segnali tra cui un rumore all’interno della cassa dove è situata la nostra deriva; infatti qui, l’aria, inizia a passare e si crea uno strano rumore simile a quello del vento quando soffia forte e a quello di un rumore di un motore…la nostra barca si sta preparando a planare!
Planare è una prerogativa degli scafi plananti, ovvero con una carena piana o quasi, quando possiedono una certa velocità.
Gli scafi dislocanti, carena tonda o a V, invece, non planano, e sono concepiti per fendere l’acqua, come i pescherecci, i velieri e le motobarche.
La carena tonda, forma più stabile, rimane sempre immersa nell’acqua, conferendo al natante miglior doti di navigabilità e normale assetto di velocità, anche con mare mosso; lo scafo planante invece è meno stabile, più sensibile alle variazioni di peso, maggiormente soggetto allo scaroccio e studiato per navigare in emersione. Può conseguire piena velocità solo in acque tranquille, sfruttando interamente la potenza del motore.
Vi assicuro che una barca quando plana assume una velocità spropositata, e per una barca a motore è difficile starle dietro alcune volte.
Vi lascio con un video dove potrete rifarvi gli occhi!
Scuffiare è una prerogativa delle derive, se lo fa un cabinato…c’è qualcosa che non va.
La stabilità di uno scafo è l’attitudine a riprendere il suo assetto di equilibrio dopo le oscillazioni, beccheggio e rollio, provocato dal vento e/o dal moto ondoso.
Possiamo avere stabilità di forma, scafi a forma piena o arrotondata, o scafi di peso come gli scafi a dislocamento o come quelli ottenuti sulle imbarcazioni a vela medio - grandi applicando un zavorra in prossimità della chiglia.
Come viene rappresentato in figura vi sono rappresentati due punti G e C.
G, centro di gravità o baricentro è il punto di applicazione della risultante costituita dai pesi che compongono la nave e il carico. Si può trovare sopra alla linea di galleggiamento o al di sotto di esso. La sua posizione dipende dai pesi disposti a bordo ( se abbiamo solo peso sopra la linea di galleggiamento avremo il baricentro più in alto, mentre, come nelle barche a vela, avremo il baricentro più in basso).
C, centro di Carena o di spinta è il punto di applicazione delle forze risultati delle pressioni idrostatiche (di spinta di galleggiamento) che agiscono sulla superficie della carena. La sua posizione dipende da quanto scafo è immerso o no.
Durante l’assetto di equilibrio le due forze, P, peso della barca, e S spinta dovuto al principio di Archimede, sono tra loro uguali e contrarie. Il peso agisce sempre sul Centro di Gravità, mentre S agisce sul Centro di Carena C.
La posizione di C va in relazione allo sbandamento della nave, mentre G rimane un punto fisso.
Proprio per questo motivo si crea una coppia raddrizzante. Infatti, mentre C’ si sposta, si sposta anche la sua forza di Spinta, e quindi P e S non sono più allineate, ma sono distanti a una distanza X. Questa distanza è la coppia di forza di braccio che tende a raddrizzare lo scafo; agendo fino a quando G e C non verranno a riposizionarsi sulla stessa verticale.
Metacentro (M): è il punto di intersezione della spinta verticale S, innalzata da C’, con il piano longitudinale di simmetria, punto critico entro il quale non si deve innalzare il centro di Gravità per non invertire la coppia raddrizzante ( come in figura) che comporterebbe una tendenza al rovesciamento dello scafo.
Infatti, se l’altezza metacentrica, distanza tra M e G, cade sotto G, lo scafo si rovescia. Maggiore è quest’altezza più grande sarà la forza del braccio X.
Fattori che influenzano la stabilità sono:
-acqua nella sentina (parte inferiore dello scafo) che agisce come palla di piombo che nei movimenti dello scafo muove come impazzita, provocando anomali e pericolosi sbandamenti e quindi pericolo di rovesciamento;
-i pesi notevoli devono essere disposti simmetricamente rispetto agli assi longitudinali e trasversali dello scafo, sistemati in sottocoperta e in più basso possibile.
Bisogna ricordarsi che una barca ben progettata è praticamente irrovesciabile (multiscafi esclusi ) ed il rovesciamento di 180° gradi pur essendo possibile è una condizione di equilibrio instabile e pertanto l’imbarcazione si raddrizzerebbe nuovamente, l’esperienza a 360° la escluderei comunque…
Immaginatevi 30kns di vento, su una deriva che pesa 100kg, appesi da un cavo e paralleli all’acqua, con gli schizzi del mare che vi bagnano il viso, il vento che increspa il mare, il sole che si riflette sull’acqua e l’adrenalina che vi scorre nelle vene…
Se vi trovate in questa situazione vuol dire che siete appesi al trapezio e non vorrete più ritornare a terra.
Il trapezio è un sistema efficace che serve per fare maggior leva, dandovi la possibilità di tenere la vostra barca piatta, evitando così di far scuffiare la vostra deriva.
Consiste nell’indossare un’imbracatura, il pagliaccetto, sopra o sotto al vostro salvagente, come a voi è più comodo, anche se è tutt’altro che comodo. Sembrerà infatti di indossare un pannolone ma nonostante vi sentirete ridicoli, vi dirigerete con un'aria da “fighi” e una camminata a gambe larghe, verso la vostra deriva per poter iniziare a veleggiare.
Agganciandovi con il trapezio, situato vicino alle sartie, potrete stendervi paralleli all’acqua. Attenzione! Per uscire dovrete stare attenti ai piedi: il primo piede verso prua è quello che esce, puntandolo contro le sartie, ed è l’ultimo che entra. In genere la gamba verso prua sta ben tesa.
Mi raccomando il piede di prua deve essere ben puntato contro la giuntura tra la sartia e la falchetta, se nò slittate verso prua e andate letteralmente ad abbracciare il fiocco (già successo!!! ^_^)
Fare il prodiere è molto divertente, ma anche molto faticoso. Mentre il timoniere se ne sta tranquillo a condurre la propria imbarcazione, il prodiere deve uscire con il trapezio ogni tre per due anticipando le raffiche rischiando anche di finire in acqua, rimanendo appeso come un pesce all’amo e facendosi trascinare dalla barca con una velocità abbastanza modesta, se non è ancora scuffiata. Saremo in una situazione dove: il nostro salvagente, che invece di aiutarci a restare a galla, cercherà di soffocarci coprendoci le nostre vie respiratorie, l’acqua di mare cercherà di infilarsi all’interno della nostra cavità orale, e nel mentre, inizieremo a insultare, nella nostra testa, il timoniere che non ci sta ripescando, anzi, magari si sta divertendo a guardare la scena di un salvagente galleggiante tirato dalla barca, visto che ormai il nostro viso sarà coperto da esso; ma, in un men che non si dica il nostro trapezio inizierà a strattonarci, tirandoci su e, dopo qualche mossa acrobatica, ci ritroveremo sulla nostra deriva pronti per continuare e ad andare come se niente fosse successo, scambiandoci con il timoniere solo un bel sorriso.
E quando il vostro istruttore vi griderà: “Barca Piatta!!!! Barca Piattaaaa!!!”, frase che sarà sicuramente colorita da qualche altra espressione, voi dovrete essere pronti ad anticipare le raffiche di vento, ad uscire con il trapezio, cercare di fare leva con il vostro corpo, sentendovi la barca venire addosso; maledicendovi magari perché siete troppo bassi, o tropo magri; maledicendo quella dieta che avete fatto lo scorso inverno per la prova bikini perdendo quei due kg, che esteticamente non vi hanno cambiato granché, ma in quel momento vi avrebbero fatto comodo. Ma quando sarete paralleli all’acqua, con il fiatone, le urla di gioia del vostro timoniere, voi con un sorriso da ebete sulla faccia per la felicità, e il vostro braccio allungato, perché non si sa mai cosa passa fare un braccio di nemmeno 2kg in quella situazione, e l’adrenalina fino alle punta delle dita, allora inizierete a gridare anche voi dalla gioia, e inizierete ad amare questo sport, la fatica e il dolore nelle parti basse, perché il pagliaccetto inizierà a essere una delle cose più scomode che abbiate mai indossato!