In questo post voglio postare un video, dove viene mostrato tutto quello che può accadere e gli errori che possono essere commessiin una regata: dal gennaker incarammelato che fa scuffiare la nostra deriva; dall'evitare una barca scuffiata in boa; dal cercare di salvare il proprio timoniere che è quasi in acqua; dal cercare di ripartire dopo essere scuffiati mentre tutte le altre barche passano vicino; dall'evitare ostacoli facendo una gimcana...
Tutte queste peripezie fanno parte di una regata, soprattutto se ci sono molti principianti in gara, ma allo stesso tempo sono parte intrinseche del divertimento che si può provare!!
In questo video si può notare, e invidiare, anche la bellezza, l'emozione che si prova veleggiando su queste acque cristalline, con un bel vento e un mare calmo, l'ideale per un velista!
Avete presente quella brezza marina che d'estate vi fa portare dietro un golfino se volete fare una passeggiata lungo mare??
Bene. Sapete il motivo dell'origine di questa brezza?
Se la risposta è si, bravi, se la risposta è no, lo vedremo in seguito.
Prima di tutto, la brezza che sentiamo di notte non è marina, come si è soliti sentire dire, ma è di terra.
La brezza marina l'abbiamo di giorno. Durante le giornate assolate il suolo riscalda più velocemente del mare e lo squilibrio ( abbassamento di pressione sul suolo, e aumento di pressione sulla superficie marina ) provoca una brezza di mare verso la costa (parte alta dell'immagine).
Di notte avremo l'effetto contrario, la terra si raffredderà più rapidamente ( alta pressione al suola, bassa pressione sul mare), il mare sarà quindi più caldo e il ciclio si inverte, provocando una brezza di terra verso il mare ( figura in basso dell'immagine precedente).
Le brezze sono correnti d'aria localizzate che si presentano senza alterazioni quando non sussistono sistemi di perturbazione dovute alla situzione atmosferica in generale.
La velocità di una brezza di puà arrivare ai 10/12 kns sul lago, mentre in mare 10/15 kns.
Ecco perchè è meglio portarci un golfino dietro per farci la passeggiata di notte sulla promenade!!
Come ci dobbiamo comportare in caso di incaglio, falle o avaria al timone??
Se abbiamo MacGyver a bordo no problem: troverà sicuramente una soluzione e ci porterà in salvo! Se no seguite queste semplici istruzioni che vi potranno tornare utili…
Può capitare essendo inesperti o non avendo prestato massima attenzione di incagliarsi, o andare a secca, con il fondo marino.
Niente paura. Bisogna mantenere calma e sangue freddo, perché, come tutte le cose, se iniziamo ad agitarci non ne verremo mai a capo.
L’incaglio su fondo marino sabbioso o fangoso può sempre in qualche modo risolversi, problema diverso se è venuto su fondo roccioso.
Prima cosa: spegnere motore e verificare se vi sono danni alla carena, quindi scandagliare il fondo prima di porre mano a tentativi di disincaglio.
Per disincagliare il fondo bisognerà cercare di sbandare lo scafo facendo spostare le persone, o tonneggiando, ovvero distendendo l’ancora e virando sul cavo col verricello o forza di braccia.
E se abbiamo una falla??? Nel caso vi siano delle falle alla carena in prossimità della linea di galleggiamento bisognerà cercare di visualizzarla. Per farla venire allo scoperto bisognerà sbandare la barca sopravento, se c’è fondale sabbioso o fangoso, per poi tamponare la falla all’esterno.
Ultimo rimedio in caso avessimo una avaria al timone. In tale evidenza si potrà governare con i motori, caso in cui abbiamo un’unità bielica, oppure tenendo sporto in fuori un remo da poppa (tranquilli, non dovrete iniziare a remare, cercando si spostare una barca che pesa 16 tonnellate! ) oppure utilizzare un parabordo filato in acqua e collegato a poppa con due cime di lunghezza adeguata, agendo su una delle quali si farà accostare la poppa dallo stesso lato.
Con queste quattro soluzioni possiamo improvvisarci anche noi dei MacGyver, soprattutto per quanto riguarda l’ultima… meglio prevenire che curare, sperando che a nessuno di noi capiti un problema del genere vi auguro buon vento!!!!
Il timoniere è colui che conduce l’imbarcazione, decide la rotta da dover seguire; è colui che decide quando virare o strambare; è colui che decide quando orzare o quanto poggiare; insomma se fossimo su un’automobile deciderebbe lui se girare destra o sinistra, quando frenare o accelerare.
Cosa succede se il nostro timoniere cade in acqua?? Bè se succede questo, ci sono dei problemi…
Può capitare che, mentre il povero prodiere se ne sta ben fuori al trapezio, il timoniere, anche lui pronto a schienare per contrastare le raffiche cercando di aiutare il compagno, con lo stick in mano, gli spruzzi che coprono il viso eh… pluff per magia il timoniere sparisce… il prodiere a questo punto ha solo una possibilità: sganciarsi in fretta e riuscire ad entrare a bordo per condurre lui la barca o sganciarsi in fretta prima che la barca gli venga addosso e stare, il più possibile vicino alla barca, perché con il vento e la corrente forte, la barca scarroccia a una velocità spropositata.
Ma come mai il timoniere è finito in acqua?!?! Molto probabilmente, lo stick gli è scivolato di mano, o ha mancato le cinghie ai piedi…
Se uno dovesse vedere una scena del genere scambierebbe i due velisti per due pagliacci che stanno facendo un numero. Sembra assurda come scena, ma, ahimè, può capitare, presi dalla foga, ed essendo concentrati, i movimenti diventano meccanici, e ci dimentichiamo di dare una sbirciatina per controllare se tutte è a posto…e voliamo in acqua…
Vi lascio con un video trovato su youtube, se non volete guardarlo tutto, guardate l’ultimo pezzo.. qua il timoniere ( l’equipaggio è formato solo da lui essendo un laser) si fa un bel volo…mancando, appunto, le cinghie ai piedi!!!
Cosa dovete fare se un membro del vostro equipaggio per sbaglio cade in acqua??
Lasciarlo in acqua non sarebbe una cosa carina da fare, e se non siamo dei baywatch è meglio non improvvisarci bagnini, se no invece che una persona, il nostro comandante dovrà salvare ben due persone!
In caso di caduta “uomo a mare” occorrerà mettere subito il timone a lato caduta, discostando così l’elica e la poppa dal naufrago. Dopo aver fatto questa manovra, se non andiamo a velocità modesta e siamo su un’imbarcazione medio lunga, lanciamo un salvagente di tipo anulare. Se dovessimo perdere un uomo a mare durante una navigazione notturna, oltre al salvagente dovremmo lanciare una boetta luminosa ( foto a fianco ) per segnalare il punto. Allorchè bisogna accostare di 70°, invertire lato al timone fino ad assumere rotta inversa da quella iniziale.
Lo scafo dovrà descrivere un arco completo (Curva di Williamson, foto a fianco ) fino a tornare nei pressi del naufrago. La manovra dovrà essere ampia circa dai 60° ai 90°. Dovremo avvicinarci al naufrago sottovento, se possediamo un’imbarcazione piccola, mentre se possediamo un'imbarcazione grossa ci avvicineremo sopravento, così poter riparare il naufrago dal moto ondoso e dal vento, facendoci scarrocciare vicino ad esso.
L’accosto di 70° circa ci permette di poter raggiungere il punto esatto dove si trova il naufrago senza allontanarci troppo o dover impiegare più manovre del necessario.
Arrivati al punto desiderato potremo mettere in salvo il nostro membro dell'equipaggio e proseguire con la navigazione.
Vi allego questo video, sul recupero uomo a mare. Sarebbe meglio non perdere un membro dell’equipaggio in questo modo, però almeno questi ragazzi lo hanno “salvato”.
Avete presente i motociclisti quando impennano la loro moto?? Quando una barca plana l’effetto è lo stesso l’adrenalina va a mille, la prua della barca inizia ad alzarsi, impennandosi…tirandosi la poppa dietro. Questo effetto lo si prova soprattutto con il gennaker armato o con lo spy, che fa da traino, e , avendo tre vele invece che le solite due, avremo quindi più potenza: è lo stesso principio della moto, quando vuoi impennare la moto, inizi a dare gas e ad accelerare, con il gennaker, la velocità della tua barca inizia ad aumentare, e anche di tanto.
Il sentore di una planata in deriva inizia con alcun i segnali tra cui un rumore all’interno della cassa dove è situata la nostra deriva; infatti qui, l’aria, inizia a passare e si crea uno strano rumore simile a quello del vento quando soffia forte e a quello di un rumore di un motore…la nostra barca si sta preparando a planare!
Planare è una prerogativa degli scafi plananti, ovvero con una carena piana o quasi, quando possiedono una certa velocità.
Gli scafi dislocanti, carena tonda o a V, invece, non planano, e sono concepiti per fendere l’acqua, come i pescherecci, i velieri e le motobarche.
La carena tonda, forma più stabile, rimane sempre immersa nell’acqua, conferendo al natante miglior doti di navigabilità e normale assetto di velocità, anche con mare mosso; lo scafo planante invece è meno stabile, più sensibile alle variazioni di peso, maggiormente soggetto allo scaroccio e studiato per navigare in emersione. Può conseguire piena velocità solo in acque tranquille, sfruttando interamente la potenza del motore.
Vi assicuro che una barca quando plana assume una velocità spropositata, e per una barca a motore è difficile starle dietro alcune volte.
Vi lascio con un video dove potrete rifarvi gli occhi!
Scuffiare è una prerogativa delle derive, se lo fa un cabinato…c’è qualcosa che non va.
La stabilità di uno scafo è l’attitudine a riprendere il suo assetto di equilibrio dopo le oscillazioni, beccheggio e rollio, provocato dal vento e/o dal moto ondoso.
Possiamo avere stabilità di forma, scafi a forma piena o arrotondata, o scafi di peso come gli scafi a dislocamento o come quelli ottenuti sulle imbarcazioni a vela medio - grandi applicando un zavorra in prossimità della chiglia.
Come viene rappresentato in figura vi sono rappresentati due punti G e C.
G, centro di gravità o baricentro è il punto di applicazione della risultante costituita dai pesi che compongono la nave e il carico. Si può trovare sopra alla linea di galleggiamento o al di sotto di esso. La sua posizione dipende dai pesi disposti a bordo ( se abbiamo solo peso sopra la linea di galleggiamento avremo il baricentro più in alto, mentre, come nelle barche a vela, avremo il baricentro più in basso).
C, centro di Carena o di spinta è il punto di applicazione delle forze risultati delle pressioni idrostatiche (di spinta di galleggiamento) che agiscono sulla superficie della carena. La sua posizione dipende da quanto scafo è immerso o no.
Durante l’assetto di equilibrio le due forze, P, peso della barca, e S spinta dovuto al principio di Archimede, sono tra loro uguali e contrarie. Il peso agisce sempre sul Centro di Gravità, mentre S agisce sul Centro di Carena C.
La posizione di C va in relazione allo sbandamento della nave, mentre G rimane un punto fisso.
Proprio per questo motivo si crea una coppia raddrizzante. Infatti, mentre C’ si sposta, si sposta anche la sua forza di Spinta, e quindi P e S non sono più allineate, ma sono distanti a una distanza X. Questa distanza è la coppia di forza di braccio che tende a raddrizzare lo scafo; agendo fino a quando G e C non verranno a riposizionarsi sulla stessa verticale.
Metacentro (M): è il punto di intersezione della spinta verticale S, innalzata da C’, con il piano longitudinale di simmetria, punto critico entro il quale non si deve innalzare il centro di Gravità per non invertire la coppia raddrizzante ( come in figura) che comporterebbe una tendenza al rovesciamento dello scafo.
Infatti, se l’altezza metacentrica, distanza tra M e G, cade sotto G, lo scafo si rovescia. Maggiore è quest’altezza più grande sarà la forza del braccio X.
Fattori che influenzano la stabilità sono:
-acqua nella sentina (parte inferiore dello scafo) che agisce come palla di piombo che nei movimenti dello scafo muove come impazzita, provocando anomali e pericolosi sbandamenti e quindi pericolo di rovesciamento;
-i pesi notevoli devono essere disposti simmetricamente rispetto agli assi longitudinali e trasversali dello scafo, sistemati in sottocoperta e in più basso possibile.
Bisogna ricordarsi che una barca ben progettata è praticamente irrovesciabile (multiscafi esclusi ) ed il rovesciamento di 180° gradi pur essendo possibile è una condizione di equilibrio instabile e pertanto l’imbarcazione si raddrizzerebbe nuovamente, l’esperienza a 360° la escluderei comunque…
Immaginatevi 30kns di vento, su una deriva che pesa 100kg, appesi da un cavo e paralleli all’acqua, con gli schizzi del mare che vi bagnano il viso, il vento che increspa il mare, il sole che si riflette sull’acqua e l’adrenalina che vi scorre nelle vene…
Se vi trovate in questa situazione vuol dire che siete appesi al trapezio e non vorrete più ritornare a terra.
Il trapezio è un sistema efficace che serve per fare maggior leva, dandovi la possibilità di tenere la vostra barca piatta, evitando così di far scuffiare la vostra deriva.
Consiste nell’indossare un’imbracatura, il pagliaccetto, sopra o sotto al vostro salvagente, come a voi è più comodo, anche se è tutt’altro che comodo. Sembrerà infatti di indossare un pannolone ma nonostante vi sentirete ridicoli, vi dirigerete con un'aria da “fighi” e una camminata a gambe larghe, verso la vostra deriva per poter iniziare a veleggiare.
Agganciandovi con il trapezio, situato vicino alle sartie, potrete stendervi paralleli all’acqua. Attenzione! Per uscire dovrete stare attenti ai piedi: il primo piede verso prua è quello che esce, puntandolo contro le sartie, ed è l’ultimo che entra. In genere la gamba verso prua sta ben tesa.
Mi raccomando il piede di prua deve essere ben puntato contro la giuntura tra la sartia e la falchetta, se nò slittate verso prua e andate letteralmente ad abbracciare il fiocco (già successo!!! ^_^)
Fare il prodiere è molto divertente, ma anche molto faticoso. Mentre il timoniere se ne sta tranquillo a condurre la propria imbarcazione, il prodiere deve uscire con il trapezio ogni tre per due anticipando le raffiche rischiando anche di finire in acqua, rimanendo appeso come un pesce all’amo e facendosi trascinare dalla barca con una velocità abbastanza modesta, se non è ancora scuffiata. Saremo in una situazione dove: il nostro salvagente, che invece di aiutarci a restare a galla, cercherà di soffocarci coprendoci le nostre vie respiratorie, l’acqua di mare cercherà di infilarsi all’interno della nostra cavità orale, e nel mentre, inizieremo a insultare, nella nostra testa, il timoniere che non ci sta ripescando, anzi, magari si sta divertendo a guardare la scena di un salvagente galleggiante tirato dalla barca, visto che ormai il nostro viso sarà coperto da esso; ma, in un men che non si dica il nostro trapezio inizierà a strattonarci, tirandoci su e, dopo qualche mossa acrobatica, ci ritroveremo sulla nostra deriva pronti per continuare e ad andare come se niente fosse successo, scambiandoci con il timoniere solo un bel sorriso.
E quando il vostro istruttore vi griderà: “Barca Piatta!!!! Barca Piattaaaa!!!”, frase che sarà sicuramente colorita da qualche altra espressione, voi dovrete essere pronti ad anticipare le raffiche di vento, ad uscire con il trapezio, cercare di fare leva con il vostro corpo, sentendovi la barca venire addosso; maledicendovi magari perché siete troppo bassi, o tropo magri; maledicendo quella dieta che avete fatto lo scorso inverno per la prova bikini perdendo quei due kg, che esteticamente non vi hanno cambiato granché, ma in quel momento vi avrebbero fatto comodo. Ma quando sarete paralleli all’acqua, con il fiatone, le urla di gioia del vostro timoniere, voi con un sorriso da ebete sulla faccia per la felicità, e il vostro braccio allungato, perché non si sa mai cosa passa fare un braccio di nemmeno 2kg in quella situazione, e l’adrenalina fino alle punta delle dita, allora inizierete a gridare anche voi dalla gioia, e inizierete ad amare questo sport, la fatica e il dolore nelle parti basse, perché il pagliaccetto inizierà a essere una delle cose più scomode che abbiate mai indossato!
Per raffiche di vento si intendono la velocità massima del vento misurato durante un periodo di tempo specificato di vento, come un improvviso aumento in un tempo breve della velocità del vento. Sul mare si possono individuare i punti ove si manifestano le raffiche, tramite delle increspature sull’acqua. Esse sono incostanti e possono verificarsi molto sovente, soprattutto se ci troviamo all’interno di un golfo o in presenza di promontori, monti.
Le raffiche sono molto utili perché possono aiutarci a stringere il vento, per esempio in una regata. Se siamo già in bolina stretta dobbiamo stare molto attenti a non stringere troppo il vento perché se no entriamo nell’angolo morto e fermiamo la barca, e in una regata non ce la possiamo permettere, anzi. Quindi quando c’è una raffica, il vento non è costante in quel punto e quindi l’angolo morto cambia, dobbiamo cercare di stringere, per guadagnare acqua e anticipando la raffica, e ritornare subito dopo con la nostra barca nella posizione precedente, se no entriamo di nuovo nell’angolo morto.
Inoltre le raffiche, se ci troviamo soprattutto in una deriva, dobbiamo anticiparle con i pesi, per evitare di scuffiare, nello stesso modo, come detto precedentemente, dobbiamo stare attenti a quando la raffica finisce, per poter anticipare i nostri pesi in questo caso al contrario di quello fatto quando abbiamo anticipato la raffica di vento.
Le raffichette, sono molto apprezzate dai velisti, soprattutto in deriva, anche se stancano molto, perché non avendo a che fare con un vento costante bisogna sempre muoversi in barca, anticipando, contrastando la forza del vento, e sono un’ottima occasione per imparare come bisogna muoversi in deriva e come i pesi siano essenziali, oltre a capire come la nostra imbarcazione sia sensibile e reagisce.
Come noi tutti possiamo immaginare Eolo è il miglior amico dei velisti.
Solo lui è capace a regalare grandi emozioni, avventure e divertimento, ma come noi tutti sappiamo non si presenta mai sotto le stesse spoglie. Infatti, grazie alla rosa dei venti, possiamo individuare quale vento spira in una certa direzione, e a seconda del vento, avremo diverse caratteristiche climatiche che lo distinguono.
Tramontana (N) è un vento freddo proveniente da nord, frequente in Liguria, soprattutto in inverno, dove spira con particolare violenza e in particolare allo sbocco delle valli, causando repentini e considerevoli cali di temperatura. Può verificarsi a cielo sereno, oppure con cielo nuvoloso e precipitazioni quando è associata ad un sistema perturbato. Quest'ultimo caso è, appunto, quello detto di "tramontana scura" che, nella Riviera ligure, spinge giù dall'arco appenninico e alpino le perturbazioni provenienti da settentrione. Per questa ragione un proverbio ligure sentenzia: "tramontana scura, pioggia sicura".
Bora/Grecale(NE) è un vento che soffia nel Mar Adriatico, in Grecia e in Turchia.Il nome deriva dal fatto che è un vento settentrionale, "boreale", a cui si rifà anche la figura mitologica greca chiamata Borea. La Bora è famosa soprattutto a Trieste, dove soffia specialmente in inverno ed è definita "Bora chiara" in presenza di bel tempo o "Bora scura" in condizioni di perturbato. E' detta "porta della bora" quell'interruzione della catena alpina (nelle alpi Giulie) tra il monte Re (in sloveno Nanos) e il monte Nevoso (in sloveno Sneznik). E' qui che si incanala l'aria che letteralmente casca sull'Adriatico, investendo principalmente Trieste e attenuandosi a Nord e a Sud, a Monfalcone e nella parte settentrionale dell'Istria. La bora prosegue il suo cammino lungo la direzione acquisita, giungendo a volte fino a Venezia, a Chioggia in particolare, causando un vivace moto ondoso. Questo tipo di vento può raggiungere velocità di 150 kilometri all'ora(non vi scrivi i rispettivi nodi perché vi spaventereste!). Nonostante i triestini sano abituati a questa intensità, funi e catene vengono spesso stese lungo i marciapiedi del centro di Trieste, per facilitare il traffico dei pedoni nei giorni di vento più intenso. A causa della frequenza dei giorni ventosi, gli edifici devono essere costruiti con opportuni criteri per sopportarne la forza. L'occasionale caduta di una tegola sui passanti è fortunatamente una rara eccezione.
Levante (E)è un vento generalmente debole che spira da Est verso Ovest nel Mediterraneo occidentale. Il vento si origina nel centro del Mediterraneo al largo delle Isole Baleari e soffia verso Est per raggiungere la sua massima intensità attraverso lo Stretto di Gibilterra. La sua influenza è sentita fino in Italia sul Tirreno e sulla parte centro-meridionale dell'Adriatico. È un vento fresco e umido, portatore di nebbia e precipitazioni, riconosciuto come causa di particolari formazioni nuvolose sopra la Baia e la Rocca di Gibilterra, dove può dare provocare mare agitato e trombe marine. Il vento può manifestarsi in qualunque periodo dell'anno, ma ricorre comunemente fra luglio e ottobre. D'inverno, il Levante è spesso accompagnato da piogge forti. Il nome del vento deriva da levante inteso come Est, il punto cardinale da cui ha origine.
Scirocco(SE) è un vento caldo proveniente da Sud-Est che proviene dal Sahara e da altre regioni del nord Africa. Nasce da masse d'aria tropicali calde e secche trascinate verso nord da aree di bassa pressione in movimento verso est sopra il Mediterraneo. L'aria calda e secca si mischia con quella umida del movimento ciclonico presente sul mare ed il movimento in senso orario spinge questa massa d'aria sulle coste delle regioni del sud Europa. Lo scirocco secca l'aria ed alza la polvere sulle coste del Nordafrica, tempeste sul mediterraneo e tempo freddo ed umido sull'Europa. Il vento soffia per un tempo variabile da mezza giornata a molti giorni. Molte persone attribuiscono a questo vento effetti negativi sulla salute per via del caldo e della polvere portata dalle coste dell'Africa e della discesa della temperatura in Europa. La polvere può causare danni ai dispositivi meccanici e penetrare negli edifici. Questi venti soffiano più di frequente, con velocità fino a 100 Km/h, in primavera ed autunno raggiungendo un massimo nei mesi di marzo e novembre. Lo stesso vento assume il nome di jugo in Croazia e ghibli in Libia. Lo scirocco che giunge sulle coste francesi contiene più umidità ed assume il nome di marino.
Ostro o Mezzogiorno(S) (dal latino Auster, vento australe) è il nome tradizionale di un vento che spira da Sud nel Mar Mediterraneo; è anche detto vento di Mezzogiorno. L'Ostro è un vento caldo e umido portatore di piogge. I suoi effetti sul clima italiano sono piuttosto deboli e poco sensibili. L'Ostro è a volte identificato col Libeccio o lo Scirocco ai quali è simile.
Libeccio (SW)anche detto Africo o Garbino. Vi sono più ipotesi sul nome: la più diffusa, è che derivi dal fatto che nell'isola di Creta, presa come punto di riferimento per la denominazione dei venti, il Libeccio spira dalla Libia (antico nome del continente africano). L'altra, accreditata presso i linguisti, è che derivi dall'arabo lebeg. Il nome Garbino è utilizzato nell'area orientale dell'Emilia Romagna e nel nord delle Marche. In Friuli, nella Venezia Giulia e in Dalmazia è chiamato Garbin.
Il Libeccio spira anche in Liguria, poiché provenendo dal continente africano non vi sono monti o terre limitrofe che incontrano prima il vento. Il Libeccio può causare anche mare grosso. Navigano in Liguria mi è capitato di navigare con un bel vento di 30kns-35kns con mare grosso, con onde di 2-3 metri.
Ponente (W) anche detto Zefiro o Espero è un vento del Mar Mediterraneo che spira da Ovest. È il vento caratteristico delle perturbazioni atlantiche che attraversano il mediterraneo da ovest verso est. I suoi effetti sono sentiti soprattutto sul Mar Tirreno e sul Mare Adriatico centro-meridionale. Il Ponente è un vento fresco tipico dei pomeriggi estivi; così come il Libeccio può essere portatore di maltempo.
Maestrale (NW) è un vento forte e freddo proveniente da Nord-Ovest, tipico della stagione invernale, che soffia con particolare frequenza soprattutto in Sardegna e nella Valle del Rodano, in Francia.
Il Ponente e il Maestrale sono due venti con cui ho navigato parecchio, entrambi facili da trovare in Sardegna. Mentre il Maestrale generalmente dura tre giorni, il Ponente può andare aventi così per anche una settimana, ma entrambi possono regalare tante emozioni e 30 kns sicuri sicuri.
Adesso che sapete le varie caratteristiche dei venti e dove spirano vi lascio augurandovi buon vento, con il vento che più vi piace!
La nostra imbarcazione utilizza come motore le vele, e quindi sfrutta il moto laminare del vento. In pratica senza vento non camminiamo. Ovviamente a seconda della direzione in cui arriva il vento, rispetto al punto in cui siamo, avrà un nome diverso e caratteristiche diverse.
La rosa dei venti è la rappresentazione grafica della direzione del vento e ne rappresenta 8 che possiamo incontrare navigando nel Mar Mediterraneo e che influenzano la nostra navigazione da nord-nord-est: Tramontana(N), Grecale o Bora(NE), Levante(E), Scirocco(SE), Ostro o Mezzogiorno(S), Libeccio(SW), (W) e Maestrale(NW).
La forma classica della rosa dei venti che risale all’epoca delle Repubbliche marinare e all’introduzione della bussola, ed è costituita da un cerchio, suddiviso in gradi, che circoscrive una stella a sedici (a volte 32) punte sovrapposte le une alle altre come i petali di una rosa; al centro del cerchio s’immagina ci sia l’osservatore mentre le punte della stella indicano la direzione dei venti principali e la loro distanza angolare dal nord geografico.
Le prime notizie sulla rosa dei venti risalgono ai poemi omerici; per i Greci, le prime rose dei venti usate avevano quattro punte corrispondenti ai quattro punti cardinali che poi aumentarono ad otto quanti sono i venti principali.
Secondo alcuni furono gli Amalfitani a coniugare la bussola con la rosa dei venti, diffondendola poi nei Paesi vicini; secondo altre versioni, invece, l’individuazione dei venti da riportare nella Rosa, ebbe luogo nell’isola greca di Zante, poiché proprio su quella località in vari periodi dell’anno spiravano tutti i venti conosciuti.
Per ricordarsi bene i venti e le loro direzioni, basta immaginarsi di essere su Malta, infatti da questa posizione si è più o meno in centro e ogni vento assume la direzione illustrata dalla rosa dei venti.
Ovviamente a seconda del luogo in cui ci troviamo ci sarà la predominanza di un vento rispetto ad un altro, a seconda se il luogo è protetto da monti, valli, oppure da niente. Grazie alla bussola e alla rosa dei venti possiamo capire quale vento spira nella nostra direzione.
Quasi sicuramente avrete già sentito parlare di Murphy. Bene se non fosse così ne sentirete parlare oggi. Si pensa che Edward A. Murphy Jr, fosse un ingegnere dell'Aviazione Americana. La sua fama ebbe inizio quando Edward A. Murphy Jr. fece un esperimento con razzo-su-rotaia nel 1949 per testare la tolleranza del corpo umano all'accelerazione (USAF project MX981). Un esperimento prevedeva un set di 16 accelerometri montati su diverse parti del corpo del soggetto. C'erano due maniere in cui ciascun sensore poteva essere incollato al suo supporto, e metodicamente qualcuno li montava tutti e 16 nella maniera sbagliata.Murphy pronunciò la sua storica frase: “se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo”. È un po’ come dire, in una giornata storta: ” non può andare peggio di così!”, stai per certo che ti rimangerai dopo pochi minuti quello che hai appena detto!
Questi assiomi, pronunciati da questo fantomatico Murphy, sono conosciuti come le famose leggi di Murphy, e quella per eccellenza è "If anything can go wrong, it will.".Bene! Nella vela le leggi di Murphy, ahimè, sono applicabilissime. Infatti se non sei sicuro al 100% di qualcosa, accadrà l’impensabile. Se c’è un motivo per cui puoi andare a scogli, andrai a scogli, se c’è un motivo per scuffiare, scuffierai, o peggio, se c’è un motivo per fare danni alla tua imbarcazione, li farai!
Se hai comprato una vela nuova o meglio, hai un Gennaker nuovo (per chi non lo sapesse è una vela molto sottile ) hai appena ritoppato con ago e filo uno strappo che si era creato su questa vela, al ritorno dalla tua navigazione dovrai rifare lo stesso lavoro, perché quel buco si sarà riformato nello stesso, identico, punto. Ovviamente c’è anche una legge, o meglio una costante, per questo: “Le cose vengono danneggiate in proporzione al loro valore”, quindi se compri una vela nuova, stai bene attento.Per la varie vicissitudini successi ai velisti sono state formulate leggi apposite per essi chiamate leggi di Deal:
Il vento varia inversamente al numero e all'esperienza delle persone a bordo ( se sei alla tua prima lezione di vela, stai sicuro che ci sarà un vento da 30 kns i primi due giorni!);
Per forte che sia il vento quando lasci la banchina, nel punto più lontano dal porto troverai sempre bonaccia;
Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto.
Le ultime due, purtroppo si avverano quasi sempre. Magari ti svegli al mattino presto, metti il naso fuori e senti una leggere brezza marina che ti accarezza il viso, e i tuoi occhi iniziano ad illuminarsi. Finalmente le previsioni del tempo ci hanno azzeccato! Inizi a chiamare, anzi a svegliare, il tuo compagno di equipaggio dandogli appuntamento al porto. Vi preparate, e intanto il vento sale. Mettete le barche in acqua. E il vento continua a soffiare. Issate le vele. Siete pronti ad uscire. Avete anche l’imbragatura per il trapezio, non si sa mai, e quando uscite dall’insenatura, il vento inizia a calare e… bonaccia pura! E tu ti chiede perché?!?!?!?!? Semplice: Murphy!Ma il vero marinaio sa aspettare. E allora si aspetta, facendo qualche bordo, sperando che tra poco il vento salga, che inizino ad arrivare delle belle raffichette. Ma nada de nada.E come diceva Bernard Moitessier, primo a circumnavigare il globo senza scalo:
"La vela è una religione... ha i suoi riti. Se fa bello, fa bello. Se c'è vento, c'è vento. E se non c'è vento, si aspetta, si sorveglia. Hai fame, mangi. Hai sete, bevi. Ti prende sonno, dormi. E' una scuola di pazienza."
Se c’è vento c’è vento, sempre se non si mette in mezzo Murphy con le sue leggi ma, che sia una scuola di pazienza, purtroppo è vero.
Oggi parleremo della bussola, uno dei più antichi strumenti utilizzati dai nostri antenati per aiutarli a trovare la strada. Si attribuisce tale invenzione ai cinesi e ai vichinghi. Essi scoprirono il campo magnetico terrestre che veniva usato come forma di spettacolo: venivano lanciate casualmente delle frecce magnetizzate, e queste "magicamente" si allineavano verso il nord, impressionando gli spettatori. Questo principio è quello che viene utilizzato nelle bussole che permettono di individuare la direzione del Nord magnetico e, nel nostro caso, le altre direzioni della rosa dei venti; consente quindi di controllare l’angolo di prora della nave. Ciò avviene grazie all’impiego delle sue componenti fondamentali:
Elemento sensibile: formata da un gruppo (n pari) di aghi magnetizzati e liberi di muoversi, che si dispongono lungo la direzione N-S;
Rosa dei venti: solidale con l’elemento sensibile e graduata, con la direzione N-S coincidente a quella individuata dagli aghi;
Linea di fede: che individua la direzione della prora nave.
Le bussole possono essere a liquido o a secco, quelle più utilizzate sono a liquido, formate dal 30% di alcool puro e 70% di acqua distillata. Il liquido ha lo scopo di alleggerire la rosa e di frenarne le rotazioni, rendendo più veloce la lettura. L’alcool, invece, serve per fare abbassare il punto di congelamento del liquido, le cui dilatazioni sono invece assorbite da un’apposita membrana. La bussola, così concepita, è utilizzata per il controllo degli angoli della rotta (linea di fede fissa ad indicare la prora) ed è chiamata bussola di rotta o di governo.
Nella foto a fianco vi è un’illustrazione di come è composta una bussola e i nomi di tutti i suoi componenti: il mortaio, contenitore montato su sospensione cardanica, che assorbono gli urti; grazie a queste sospensioni il mortaio si mantiene orizzontale nonostante rollio e beccheggio della nave. Inoltre sul mortaio è montata la linea di fede, sempre solidale con la nave ad indicare la prora.
Adesso che sappiamo come è fatta una bussola e che cosa indica, possiamo fare come i nostri antenati ed utilizarla per aiutarci a trovare la strada.
Voglio condividere con voi una riflessione su un momento, che molti velisti di deriva avranno sicuramente vissuto: il momento della scuffia!
La mia prima lezione del corso di vela consisté nel scuffiare una barca e raddrizzarla.
Bene! Questa lezione, sarà una delle poche lezioni che imparerete subito e saprete riprodurla in diverse sfaccettature. Chi non è un atleta lo diventerà, chi non è un ginnasta farà dei salti e delle acrobazie pazzesche per cercare di non fare scuffiare la nostra piccola imbarcazione, perché, vi assicuro, dopo la decima scuffia, le forza non le avrete più!
E perché mai la nostra barca dovrebbe scuffiare?
Se siamo su un cabinato e questo scuffia, chiamate i soccorsi, e sperate che sia una giornata di sole, perché ci saranno già le vostre lacrime di disperazione a bagnarvi il viso, perché, se un cabinato scuffia, vuol dire che ci sono stati gravi, anzi gravissimi danni all’imbarcazione, come per esempio aver, involontariamente, disalberato.
Se invece siete su una deriva i motivi perché avete scuffiato sono essenzialmente tre:
non sapete andare in barca a vela, molto probabile;
non avete anticipato con i pesi la raffica di 30Kns che è sopraggiunta, anche questo fatto è molto probabile;
avete incaramellato il gennaker, probabile;
o avete commesso altri danni sulla bara ( ma qui ci spostiamo sul punto 1).
Scuffiare non è sinonimo di non sapere andare in barca, perché sbagliando si impara, e la barca a vela è l’esempio vivente di questo assioma, o detto che dir si voglia.
Raddrizzare la barca richiede molta energia, quindi, rivolto alle ragazze o ai ragazzi mingherlini, prendetevi come compagno di equipaggio un bel “fustacchione”, che fa molta palestra, così voi farete la bella parte dello scucchiaiamento.
Innanzitutto la barca può scuffiare a 90°, caso molto apprezzabile, o a 180°, caso molto più faticoso.
Per raddrizzare la nostra barca bisogna posizionarci sulla deriva, dove faremo leva. Prima di fare ciò dobbiamo controllare che:
1.il nostro compagno sia vivo e vegeto, e soprattutto vicino alla barca;
2. le vele DEVONO essere lascate, ovvero le scotte NON devono essereSTROZZATE. Se nò quando la barca si raddrizzerà, ri-scuffierà di nuovo e si andrà avanti così all’infinito.
3. preferibilmente la prua dovrà essere posizionata al vento.
Se scuffiamo a 180° entrambi i membri dell’equipaggio dovranno salire sullo scafo, mettere le mani sull’estremità della deriva, il sedere bene in fuori, e aspettare che da 180°, si passi 90°( vedi foto a fianco). La posizione che deve essere assunta può essere come nella foto, o quella ancora più efficace, di creare un solo peso: un membro dell’equipaggio si attacca alla deriva, il secondo alla vita del primo.
Quando siamo a 90°, un membro dell’equipaggio si fa scucchiaiare e controlla che tutte le scotte siano libere, posiziona i piedi sotto la cinghia ( le cinghie permettono di poter uscire con il resto del corpo, mettendo i piedi sotto di esse), e si aspetta che il bel “fustacchione” raddrizzi la barca. Dopo di che barra all’ORZA!! Se nò tutto il lavoro fatto va a farsi benedire. Quando l’equipaggio è a bordo, possiamo tornare a veleggiare.
Il mal capitato che deve raddrizzare l’imbarcazione, non si deve appendere con gli avambracci alla nostra deriva, perché se nò si ritroverà, come già successo, con dei lividi sulle braccia, come se fosse caduto da un dirupo, e oltre a non essere belli esteticamente, non fanno nemmeno bene.
Non so a voi, ma a me è venuto il fiatone solo a scrivere, quindi è per questo motivo che i velisti diventano dei perfetti acrobati per evitare di scuffiare, almeno quando si può.
Una mossa molto apprezzata è il famoso “Salto del gatto”, che consiste nel saltare sulla deriva (esattamente sulla parte più vicina allo scafo, per evitare di raddrizzarla subito), per evitare che la barca vada 180°. Purtroppo molto volte non riesce, e i velisti si ritrovano con tatuato il marchio della deriva sul sedere. Ahia!
A prescindere da tutto ciò, le scuffie rimangono nei cuori dei velisti, come ricordi di errori commessi, fatica e tante, tante risate,...Basta che non facciate come questi due nella foto, che si sono dimenticati di fissare la deriva allo scafo, e… pluf!
In questo post parleremo di due strumenti che troveremo a bordo della nostra imbarcazione: il solcometro e l’ecoscandaglio.
Il solcometro è lo strumento che indica la nostra velocità che viene misurata sulla superficie del mare, e non tiene conto di eventuali agenti esterni.
Esistono differenti tipi di solcometro: -a elica;
-a pressione;
-elettromagnetico.
Solcometro a elica:
Costruito da un’elica immerso al di sotto della linea di galleggiamento, orientato sull’asse prua-poppa e collegato ad uno strumento rilevatore. Secondo il principio per cui la velocità di rotazione dell’elica è proporzionale alla velocità dell’imbarcazione lo strumento mi fornirà la velocità della stessa.
Solcometro a pressione:
Costruito da un tubo (Tubo di Pitot) immerso al di sotto della linea di galleggiamento, orientato sull’asse prua-poppa e collegato ad uno strumento rilevatore. Secondo il principio per cui la pressione all’interno del tubo è proporzionale al quadrato della velocità dell’imbarcazione lo strumento mi fornirà la velocità della stessa.
Elettromagnetico:
Costruito da un magnete immerso al di sotto della linea di galleggiamento, orientato sull’asse prua-poppa e collegato ad uno strumento rilevatore. Secondo il principio per cui la tensione fra i due poli è proporzionale alla velocità dell’imbarcazione lo strumento mi fornirà la velocità della stessa.
N.B. in tutte i tre i casi lo strumento è orientato nel verso della prua, questa è la ragione per cui il solcometro mi darà sempre solo la Velocità Apparente.
Abbiamo parlato della rada, e di quanto calumo dare a seconda del fondale in cui ci troviamo. Per sapere la profondità del nostro fondale utilizziamo l'ecoscandaglio. Anche per questo strumento ne esistono di due tipi:uno a mano, più tradizionale e meno efficace, e l’ecoscandaglio.
Scandaglio a mano:
Costituito da un peso fissato a una cime, quando il peso tocca il fondale si recupera la cima e misurandola si ottiene la profondità. Ovviamente questo è un sistemo obsoleto e con un gravi difetto di poter essere utilizzato solo con l’imbarcazione ferma.
Ecoscandaglio:
Costituito da un apparato ricetrasmittente di ultrasuoni. Sapendo la velocità di propagazione degli ultrasuoni e calcolando il tempo trascorso tra l’emissione ed il ritorno del suono lo strumento calcola la profondità.
Ora che sappiamo scegliere una buona rada, bisogna però conoscere lo strumento che ci permette di mettere la barca alla fonda: l’ancora.
L’ancora più famosa è l’Ammiragliato. È la famosa ancora che, Braccio di Ferro ha tatuato sugli avambracci. Esistono vari tipi di ancore che hanno diverse funzioni a seconda della loro foggia e dimensione. La scelta dell’ancora dipende anche dalla possibilità di stivarla facilmente a bordo durante la navigazione.
L’ancora è composta da un fuso (corpo centrale ) al quale vengono collegate le marre (braccia) tramite il diamante (vedi foto a fianco). Nella parte superiore c’è la cicala, un robusto anello che serve a fissare la catena. Per assicurare che almeno una marra morda il fondo, viene messa perpendicolare al fuso, un ceppo di porzioni variabili a seconda della tipologia dell’ancora.
Le ancore si distinguono in due categorie: marre fisse, marre mobile, o ancore di forma, o ancore di peso.
Ancore a marre mobili:
Sono la Danforth, la Hall e la CQR, sono facilmente stivabili a bordo.
Ancore a marre fisse:
sono l’Ammiragliato e la Bruce.
L’Ammiragliato e la Hall sono anche ancore di peso, comunemente usate sui traghetti o barche a motore di grosse dimensioni, mentre le altre si possono raggruppare come ancore di forma. Come ho detto sopra, le ancore si differenziano per la loro forma e dimensione, e, a secondo delle loro caratteristiche, lavoreranno meglio su certi tipi di fondali, mentre su altri no.
Per esempio la CQR, a forma di aratro, si infila anche dove c’è ghiaia, mentre dove vi è un fondale pieno di alghe si appoggia solo sopra, mentre la Danforth (foto a fianco), ha una buona presa, perché le marre vanno a mordere il fondo, al contrario di un fondale ghiaioso.
La Bruce, invece, la troviamo spesso su barche a motore medio-piccole dimensioni (dai 8-10m). Tiene bene su un fondale fangoso, ma come del resto tutte le ancore.
Come noi sappiamo, dal post pubblicato precedentemente, cerchiamo di far lavorare il meno possibile la nostra ancora, sfruttanto il peso del calumo, posto orizzontalmente sul fondale in modo che riesca a tenere la nostra imbarcazione ferma.
Le ancore di forma, non pensano tanto, pensate che per tenere una barca di 16t, basta una ancora di 40 Kg, poiché agisce di forma.
La CQR oggi è stata sostituita dalla Delta, più leggera, composta da delle alette che , quando diamo ancroa, scende ondeggiando, posizionandosi perpendicolare al fondale, in modo che si pianti subito.
Attenzione: state attenti a dove mettete l'ancora. Infatti vi sono posti in cui è vietato l'ancoraggio per esempio in fondali coperti da maglie di catene, utilizzati nel tempo dalla marina per attaccare boe, dove atraccavano le barche. Se andiamo a dare ancora su questi fondali, o simili, l'ancora la perdiamo, perchè non riusciamo più a spedarla. Ninete paura, non dovrete rimanere senza ancora perchè vi sono i soccoritori di ancore, che sono dei sub ove, parte del loro lavoro, consiste nel spedare ancore, incagliate. Per fare questo lavoro, che richiede poco tempo, possono chiedere anche 200€ a ancora, quando quest'ultima può costare sui 500€ ( sempre se non è di carbonio o di materiali più sosfiticati). Quindi, per evitare che accada ciò stiamo attenti dove diamo ancora, e informiamoci prima! ;)