mercoledì 31 marzo 2010

ANTICIPARE LE RAFFICHE


Per raffiche di vento si intendono la velocità massima del vento misurato durante un periodo di tempo specificato di vento, come un improvviso aumento in un tempo breve della velocità del vento. Sul mare si possono individuare i punti ove si manifestano le raffiche, tramite delle increspature sull’acqua. Esse sono incostanti e possono verificarsi molto sovente, soprattutto se ci troviamo all’interno di un golfo o in presenza di promontori, monti.

Le raffiche sono molto utili perché possono aiutarci a stringere il vento, per esempio in una regata. Se siamo già in bolina stretta dobbiamo stare molto attenti a non stringere troppo il vento perché se no entriamo nell’angolo morto e fermiamo la barca, e in una regata non ce la possiamo permettere, anzi. Quindi quando c’è una raffica, il vento non è costante in quel punto e quindi l’angolo morto cambia, dobbiamo cercare di stringere, per guadagnare acqua e anticipando la raffica, e ritornare subito dopo con la nostra barca nella posizione precedente, se no entriamo di nuovo nell’angolo morto.
Inoltre le raffiche, se ci troviamo soprattutto in una deriva, dobbiamo anticiparle con i pesi, per evitare di scuffiare, nello stesso modo, come detto precedentemente, dobbiamo stare attenti a quando la raffica finisce, per poter anticipare i nostri pesi in questo caso al contrario di quello fatto quando abbiamo anticipato la raffica di vento.

Le raffichette, sono molto apprezzate dai velisti, soprattutto in deriva, anche se stancano molto, perché non avendo a che fare con un vento costante bisogna sempre muoversi in barca, anticipando, contrastando la forza del vento, e sono un’ottima occasione per imparare come bisogna muoversi in deriva e come i pesi siano essenziali, oltre a capire come la nostra imbarcazione sia sensibile e reagisce.

Buone raffiche!

EOLO


Come noi tutti possiamo immaginare Eolo è il miglior amico dei velisti.
Solo lui è capace a regalare grandi emozioni, avventure e divertimento, ma come noi tutti sappiamo non si presenta mai sotto le stesse spoglie. Infatti, grazie alla rosa dei venti, possiamo individuare quale vento spira in una certa direzione, e a seconda del vento, avremo diverse caratteristiche climatiche che lo distinguono.

Tramontana (N) è un vento freddo proveniente da nord, frequente in Liguria, soprattutto in inverno, dove spira con particolare violenza e in particolare allo sbocco delle valli, causando repentini e considerevoli cali di temperatura. Può verificarsi a cielo sereno, oppure con cielo nuvoloso e precipitazioni quando è associata ad un sistema perturbato. Quest'ultimo caso è, appunto, quello detto di "tramontana scura" che, nella Riviera ligure, spinge giù dall'arco appenninico e alpino le perturbazioni provenienti da settentrione. Per questa ragione un proverbio ligure sentenzia: "tramontana scura, pioggia sicura".

Bora/Grecale(NE) è un vento che soffia nel Mar Adriatico, in Grecia e in Turchia.Il nome deriva dal fatto che è un vento settentrionale, "boreale", a cui si rifà anche la figura mitologica greca chiamata Borea. La Bora è famosa soprattutto a Trieste, dove soffia specialmente in inverno ed è definita "Bora chiara" in presenza di bel tempo o "Bora scura" in condizioni di perturbato. E' detta "porta della bora" quell'interruzione della catena alpina (nelle alpi Giulie) tra il monte Re (in sloveno Nanos) e il monte Nevoso (in sloveno Sneznik). E' qui che si incanala l'aria che letteralmente casca sull'Adriatico, investendo principalmente Trieste e attenuandosi a Nord e a Sud, a Monfalcone e nella parte settentrionale dell'Istria. La bora prosegue il suo cammino lungo la direzione acquisita, giungendo a volte fino a Venezia, a Chioggia in particolare, causando un vivace moto ondoso. Questo tipo di vento può raggiungere velocità di 150 kilometri all'ora(non vi scrivi i rispettivi nodi perché vi spaventereste!). Nonostante i triestini sano abituati a questa intensità, funi e catene vengono spesso stese lungo i marciapiedi del centro di Trieste, per facilitare il traffico dei pedoni nei giorni di vento più intenso. A causa della frequenza dei giorni ventosi, gli edifici devono essere costruiti con opportuni criteri per sopportarne la forza. L'occasionale caduta di una tegola sui passanti è fortunatamente una rara eccezione.

Levante (E)è un vento generalmente debole che spira da Est verso Ovest nel Mediterraneo occidentale. Il vento si origina nel centro del Mediterraneo al largo delle Isole Baleari e soffia verso Est per raggiungere la sua massima intensità attraverso lo Stretto di Gibilterra. La sua influenza è sentita fino in Italia sul Tirreno e sulla parte centro-meridionale dell'Adriatico. È un vento fresco e umido, portatore di nebbia e precipitazioni, riconosciuto come causa di particolari formazioni nuvolose sopra la Baia e la Rocca di Gibilterra, dove può dare provocare mare agitato e trombe marine. Il vento può manifestarsi in qualunque periodo dell'anno, ma ricorre comunemente fra luglio e ottobre. D'inverno, il Levante è spesso accompagnato da piogge forti. Il nome del vento deriva da levante inteso come Est, il punto cardinale da cui ha origine.

Scirocco(SE) è un vento caldo proveniente da Sud-Est che proviene dal Sahara e da altre regioni del nord Africa.
Nasce da masse d'aria tropicali calde e secche trascinate verso nord da aree di bassa pressione in movimento verso est sopra il Mediterraneo. L'aria calda e secca si mischia con quella umida del movimento ciclonico presente sul mare ed il movimento in senso orario spinge questa massa d'aria sulle coste delle regioni del sud Europa.
Lo scirocco secca l'aria ed alza la polvere sulle coste del Nordafrica, tempeste sul mediterraneo e tempo freddo ed umido sull'Europa. Il vento soffia per un tempo variabile da mezza giornata a molti giorni. Molte persone attribuiscono a questo vento effetti negativi sulla salute per via del caldo e della polvere portata dalle coste dell'Africa e della discesa della temperatura in Europa. La polvere può causare danni ai dispositivi meccanici e penetrare negli edifici.
Questi venti soffiano più di frequente, con velocità fino a 100 Km/h, in primavera ed autunno raggiungendo un massimo nei mesi di marzo e novembre.
Lo stesso vento assume il nome di jugo in Croazia e ghibli in Libia. Lo scirocco che giunge sulle coste francesi contiene più umidità ed assume il nome di marino.

Ostro o Mezzogiorno (S) (dal latino Auster, vento australe) è il nome tradizionale di un vento che spira da Sud nel Mar Mediterraneo; è anche detto vento di Mezzogiorno. L'Ostro è un vento caldo e umido portatore di piogge. I suoi effetti sul clima italiano sono piuttosto deboli e poco sensibili. L'Ostro è a volte identificato col Libeccio o lo Scirocco ai quali è simile.

Libeccio (SW)anche detto Africo o Garbino.
Vi sono più ipotesi sul nome: la più diffusa, è che derivi dal fatto che nell'isola di Creta, presa come punto di riferimento per la denominazione dei venti, il Libeccio spira dalla Libia (antico nome del continente africano).
L'altra, accreditata presso i linguisti, è che derivi dall'arabo lebeg.
Il nome Garbino è utilizzato nell'area orientale dell'Emilia Romagna e nel nord delle Marche. In Friuli, nella Venezia Giulia e in Dalmazia è chiamato Garbin.
Il Libeccio spira anche in Liguria, poiché provenendo dal continente africano non vi sono monti o terre limitrofe che incontrano prima il vento. Il Libeccio può causare anche mare grosso. Navigano in Liguria mi è capitato di navigare con un bel vento di 30kns-35kns con mare grosso, con onde di 2-3 metri.

Ponente (W) anche detto Zefiro o Espero è un vento del Mar Mediterraneo che spira da Ovest. È il vento caratteristico delle perturbazioni atlantiche che attraversano il mediterraneo da ovest verso est. I suoi effetti sono sentiti soprattutto sul Mar Tirreno e sul Mare Adriatico centro-meridionale. Il Ponente è un vento fresco tipico dei pomeriggi estivi; così come il Libeccio può essere portatore di maltempo.

Maestrale (NW) è un vento forte e freddo proveniente da Nord-Ovest, tipico della stagione invernale, che soffia con particolare frequenza soprattutto in Sardegna e nella Valle del Rodano, in Francia.
Il Ponente e il Maestrale sono due venti con cui ho navigato parecchio, entrambi facili da trovare in Sardegna. Mentre il Maestrale generalmente dura tre giorni, il Ponente può andare aventi così per anche una settimana, ma entrambi possono regalare tante emozioni e 30 kns sicuri sicuri.

Adesso che sapete le varie caratteristiche dei venti e dove spirano vi lascio augurandovi buon vento, con il vento che più vi piace!

lunedì 29 marzo 2010

LA ROSA DEI VENTI.





La nostra imbarcazione utilizza come motore le vele, e quindi sfrutta il moto laminare del vento. In pratica senza vento non camminiamo. Ovviamente a seconda della direzione in cui arriva il vento, rispetto al punto in cui siamo, avrà un nome diverso e caratteristiche diverse.

La rosa dei venti è la rappresentazione grafica della direzione del vento e ne rappresenta 8 che possiamo incontrare navigando nel Mar Mediterraneo e che influenzano la nostra navigazione da nord-nord-est: Tramontana(N), Grecale o Bora(NE), Levante(E), Scirocco(SE), Ostro o Mezzogiorno(S), Libeccio(SW), (W) e Maestrale(NW).

La forma classica della rosa dei venti che risale all’epoca delle Repubbliche marinare e all’introduzione della bussola, ed è costituita da un cerchio, suddiviso in gradi, che circoscrive una stella a sedici (a volte 32) punte sovrapposte le une alle altre come i petali di una rosa; al centro del cerchio s’immagina ci sia l’osservatore mentre le punte della stella indicano la direzione dei venti principali e la loro distanza angolare dal nord geografico.

Le prime notizie sulla rosa dei venti risalgono ai poemi omerici; per i Greci, le prime rose dei venti usate avevano quattro punte corrispondenti ai quattro punti cardinali che poi aumentarono ad otto quanti sono i venti principali.

Secondo alcuni furono gli Amalfitani a coniugare la bussola con la rosa dei venti, diffondendola poi nei Paesi vicini; secondo altre versioni, invece, l’individuazione dei venti da riportare nella Rosa, ebbe luogo nell’isola greca di Zante, poiché proprio su quella località in vari periodi dell’anno spiravano tutti i venti conosciuti.

Per ricordarsi bene i venti e le loro direzioni, basta immaginarsi di essere su Malta, infatti da questa posizione si è più o meno in centro e ogni vento assume la direzione illustrata dalla rosa dei venti.

Ovviamente a seconda del luogo in cui ci troviamo ci sarà la predominanza di un vento rispetto ad un altro, a seconda se il luogo è protetto da monti, valli, oppure da niente. Grazie alla bussola e alla rosa dei venti possiamo capire quale vento spira nella nostra direzione.


Buon vento a tutti!

domenica 28 marzo 2010

MURPHY E LA VELA!

Quasi sicuramente avrete già sentito parlare di Murphy. Bene se non fosse così ne sentirete parlare oggi. Si pensa che Edward A. Murphy Jr, fosse un ingegnere dell'Aviazione Americana. La sua fama ebbe inizio quando Edward A. Murphy Jr. fece un esperimento con razzo-su-rotaia nel 1949 per testare la tolleranza del corpo umano all'accelerazione (USAF project MX981). Un esperimento prevedeva un set di 16 accelerometri montati su diverse parti del corpo del soggetto. C'erano due maniere in cui ciascun sensore poteva essere incollato al suo supporto, e metodicamente qualcuno li montava tutti e 16 nella maniera sbagliata. Murphy pronunciò la sua storica frase: “se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo”.
È un po’ come dire, in una giornata storta: ” non può andare peggio di così!”, stai per certo che ti rimangerai dopo pochi minuti quello che hai appena detto!

Questi assiomi, pronunciati da questo fantomatico Murphy, sono conosciuti come le famose leggi di Murphy, e quell
a per eccellenza è "If anything can go wrong, it will.". Bene! Nella vela le leggi di Murphy, ahimè, sono applicabilissime. Infatti se non sei sicuro al 100% di qualcosa, accadrà l’impensabile. Se c’è un motivo per cui puoi andare a scogli, andrai a scogli, se c’è un motivo per scuffiare, scuffierai, o peggio, se c’è un motivo per fare danni alla tua imbarcazione, li farai!

Se hai comprato una vela nuova o meglio, hai un Gennaker nuovo (per chi non lo sapesse è una vela molto sottile ) hai appena ritoppato con ago e filo uno strappo che si era creato su questa vela, al ritorno dalla tua navigazione dovrai rifare lo stesso lavoro, perché quel buco si sarà riformato nello stesso, identico, punto. Ovviamente c’è anche una legge, o meglio una costante, per questo: “Le cose vengono danneggiate in proporzione al loro valore”, quindi se compri una vela nuova, stai bene attento. Per la varie vicissitudini successi ai velisti sono state formulate leggi apposite per essi chiamate leggi di Deal:
  • Il vento varia inversamente al numero e all'esperienza delle persone a bordo ( se sei alla tua prima lezione di vela, stai sicuro che ci sarà un vento da 30 kns i primi due giorni!);
  • Per forte che sia il vento quando lasci la banchina, nel punto più lontano dal porto troverai sempre bonaccia;
  • Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto.
Le ultime due, purtroppo si avverano quasi sempre. Magari ti svegli al mattino presto, metti il naso fuori e senti una leggere brezza marina che ti accarezza il viso, e i tuoi occhi iniziano ad illuminarsi. Finalmente le previsioni del tempo ci hanno azzeccato! Inizi a chiamare, anzi a svegliare, il tuo compagno di equipaggio dandogli appuntamento al porto. Vi preparate, e intanto il vento sale. Mettete le barche in acqua. E il vento continua a soffiare. Issate le vele. Siete pronti ad uscire. Avete anche l’imbragatura per il trapezio, non si sa mai, e quando uscite dall’insenatura, il vento inizia a calare e… bonaccia pura! E tu ti chiede perché?!?!?!?!? Semplice: Murphy! Ma il vero marinaio sa aspettare. E allora si aspetta, facendo qualche bordo, sperando che tra poco il vento salga, che inizino ad arrivare delle belle raffichette. Ma nada de nada. E come diceva Bernard Moitessier, primo a circumnavigare il globo senza scalo:
"La vela è una religione... ha i suoi riti. Se fa bello, fa bello. Se c'è vento, c'è vento. E se non c'è vento, si aspetta, si sorveglia. Hai fame, mangi. Hai sete, bevi. Ti prende sonno, dormi. E' una scuola di pazienza."
Se c’è vento c’è vento, sempre se non si mette in mezzo Murphy con le sue leggi ma, che sia una scuola di pazienza, purtroppo è vero.

Buon vento a tutti…almeno speriamo!

giovedì 25 marzo 2010

NORD-SUD-OVEST-EST


Oggi parleremo della bussola, uno dei più antichi strumenti utilizzati dai nostri antenati per aiutarli a trovare la strada. Si attribuisce tale invenzione ai cinesi e ai vichinghi. Essi scoprirono il campo magnetico terrestre che veniva usato come forma di spettacolo: venivano lanciate casualmente delle frecce magnetizzate, e queste "magicamente" si allineavano verso il nord, impressionando gli spettatori. Questo principio è quello che viene utilizzato nelle bussole che permettono di individuare la direzione del Nord magnetico e, nel nostro caso, le altre direzioni della rosa dei venti; consente quindi di controllare l’angolo di prora della nave. Ciò avviene grazie all’impiego delle sue componenti fondamentali:

Elemento sensibile: formata da un gruppo (n pari) di aghi magnetizzati e liberi di muoversi, che si dispongono lungo la direzione N-S;

Rosa dei venti: solidale con l’elemento sensibile e graduata, con la direzione N-S coincidente a quella individuata dagli aghi;

Linea di fede: che individua la direzione della prora nave.

Le bussole possono essere a liquido o a secco, quelle più utilizzate sono a liquido, formate dal 30% di alcool puro e 70% di acqua distillata. Il liquido ha lo scopo di alleggerire la rosa e di frenarne le rotazioni, rendendo più veloce la lettura. L’alcool, invece, serve per fare abbassare il punto di congelamento del liquido, le cui dilatazioni sono invece assorbite da un’apposita membrana.
La bussola, così concepita, è utilizzata per il controllo degli angoli della rotta (linea di fede fissa ad indicare la prora) ed è chiamata bussola di rotta o di governo.

Nella foto a fianco vi è un’illustrazione di come è composta una bussola e i nomi di tutti i suoi componenti: il mortaio, contenitore montato su sospensione cardanica, che assorbono gli urti; grazie a queste sospensioni il mortaio si mantiene orizzontale nonostante rollio e beccheggio della nave. Inoltre sul mortaio è montata la linea di fede, sempre solidale con la nave ad indicare la prora.

Adesso che sappiamo come è fatta una bussola e che cosa indica, possiamo fare come i nostri antenati ed utilizarla per aiutarci a trovare la strada.

Buon vento a tutti!

mercoledì 24 marzo 2010

IL MOMENTO DELLA SCUFFIA!


Voglio condividere con voi una riflessione su un momento, che molti velisti di deriva avranno sicuramente vissuto: il momento della scuffia!
La mia prima lezione del corso di vela consisté nel scuffiare una barca e raddrizzarla.
Bene! Questa lezione, sarà una delle poche lezioni che imparerete subito e saprete riprodurla in diverse sfaccettature. Chi non è un atleta lo diventerà, chi non è un ginnasta farà dei salti e delle acrobazie pazzesche per cercare di non fare scuffiare la nostra piccola imbarcazione, perché, vi assicuro, dopo la decima scuffia, le forza non le avrete più!


E perché mai la nostra barca dovrebbe scuffiare?
Se siamo su un cabinato e questo scuffia, chiamate i soccorsi, e sperate che sia una giornata di sole, perché ci saranno già le vostre lacrime di disperazione a bagnarvi il viso, perché, se un cabinato scuffia, vuol dire che ci sono stati gravi, anzi gravissimi danni all’imbarcazione, come per esempio aver, involontariamente, disalberato.

Se invece siete su una deriva i motivi perché avete scuffiato sono essenzialmente tre:
  1.  non sapete andare in barca a vela, molto probabile;
  2.  non avete anticipato con i pesi la raffica di 30Kns che è sopraggiunta, anche questo fatto è molto probabile;
  3.  avete incaramellato il gennaker, probabile;
  4. o avete commesso altri danni sulla bara ( ma qui ci spostiamo sul punto 1).

Scuffiare non è sinonimo di non sapere andare in barca, perché sbagliando si impara, e la barca a vela è l’esempio vivente di questo assioma, o detto che dir si voglia.

Raddrizzare la barca richiede molta energia, quindi, rivolto alle ragazze o ai ragazzi mingherlini, prendetevi come compagno di equipaggio un bel “fustacchione”, che fa molta palestra, così voi farete la bella parte dello scucchiaiamento.

Innanzitutto la barca può scuffiare a 90°, caso molto apprezzabile, o a 180°, caso molto più faticoso.

Per raddrizzare la nostra barca bisogna posizionarci sulla deriva, dove faremo leva. Prima di fare ciò dobbiamo controllare che:

1.il nostro compagno sia vivo e vegeto, e soprattutto vicino alla barca;

2. le vele DEVONO essere lascate, ovvero le scotte NON devono essere STROZZATE. Se nò quando la barca si raddrizzerà, ri-scuffierà di nuovo e si andrà avanti così all’infinito.

3. preferibilmente la prua dovrà essere posizionata al vento.

Se scuffiamo a 180° entrambi i membri dell’equipaggio dovranno salire sullo scafo, mettere le mani sull’estremità della deriva, il sedere bene in fuori, e aspettare che da 180°, si passi 90°( vedi foto a fianco). La posizione che deve essere assunta può essere come nella foto, o quella ancora più efficace, di creare un solo peso: un membro dell’equipaggio si attacca alla deriva, il secondo alla vita del primo.

Quando siamo a 90°, un membro dell’equipaggio si fa scucchiaiare e controlla che tutte le scotte siano libere, posiziona i piedi sotto la cinghia ( le cinghie permettono di poter uscire con il resto del corpo, mettendo i piedi sotto di esse), e si aspetta che il bel “fustacchione” raddrizzi la barca. Dopo di che barra all’ORZA!! Se nò tutto il lavoro fatto va a farsi benedire. Quando l’equipaggio è a bordo, possiamo tornare a veleggiare.

Il mal capitato che deve raddrizzare l’imbarcazione, non si deve appendere con gli avambracci alla nostra deriva, perché se nò si ritroverà, come già successo, con dei lividi sulle braccia, come se fosse caduto da un dirupo, e oltre a non essere belli esteticamente, non fanno nemmeno bene.

Non so a voi, ma a me è venuto il fiatone solo a scrivere, quindi è per questo motivo che i velisti diventano dei perfetti acrobati per evitare di scuffiare, almeno quando si può.

Una mossa molto apprezzata è il famoso “Salto del gatto”, che consiste nel saltare sulla deriva (esattamente sulla parte più vicina allo scafo, per evitare di raddrizzarla subito), per evitare che la barca vada 180°. Purtroppo molto volte non riesce, e i velisti si ritrovano con tatuato il marchio della deriva sul sedere. Ahia!

A prescindere da tutto ciò, le scuffie rimangono nei cuori dei velisti, come ricordi di errori commessi, fatica e tante, tante risate,...Basta che non facciate come questi due nella foto, che si sono dimenticati di fissare la deriva allo scafo, e… pluf!

Buon vento a tutti!


martedì 23 marzo 2010

SOLCOMETRO E SCANDAGLIO

In questo post parleremo di due strumenti che troveremo a bordo della nostra imbarcazione: il solcometro e l’ecoscandaglio.

Il solcometro è lo strumento che indica la nostra velocità che viene misurata sulla superficie del mare, e non tiene conto di eventuali agenti esterni.

Esistono differenti tipi di solcometro:
-a elica;
-a pressione;
 
-elettromagnetico.

Solcometro a elica:

Costruito da un’elica immerso al di sotto della linea di galleggiamento, orientato sull’asse prua-poppa e collegato ad uno strumento rilevatore. Secondo il principio per cui la velocità di rotazione dell’elica è proporzionale alla velocità dell’imbarcazione lo strumento mi fornirà la velocità della stessa.

Solcometro a pressione:

Costruito da un tubo (Tubo di Pitot) immerso al di sotto della linea di galleggiamento, orientato sull’asse prua-poppa e collegato ad uno strumento rilevatore. Secondo il principio per cui la pressione all’interno del tubo è proporzionale al quadrato della velocità dell’imbarcazione lo strumento mi fornirà la velocità della stessa.

Elettromagnetico:

Costruito da un magnete immerso al di sotto della linea di galleggiamento, orientato sull’asse prua-poppa e collegato ad uno strumento rilevatore. Secondo il principio per cui la tensione fra i due poli è proporzionale alla velocità dell’imbarcazione lo strumento mi fornirà la velocità della stessa.

N.B. in tutte i tre i casi lo strumento è orientato nel verso della prua, questa è la ragione per cui il solcometro mi darà sempre solo la Velocità Apparente.
 
Abbiamo parlato della rada, e di quanto calumo dare a seconda del fondale in cui ci troviamo. Per sapere la profondità del nostro fondale utilizziamo l'ecoscandaglio. Anche per questo strumento ne esistono di due tipi:uno a mano, più tradizionale e meno efficace, e l’ecoscandaglio.

Scandaglio a mano:
 
Costituito da un peso fissato a una cime, quando il peso tocca il fondale si recupera la cima e misurandola si ottiene la profondità. Ovviamente questo è un sistemo obsoleto e con un gravi difetto di poter essere utilizzato solo con l’imbarcazione ferma.

Ecoscandaglio:
 
Costituito da un apparato ricetrasmittente di ultrasuoni. Sapendo la velocità di propagazione degli ultrasuoni e calcolando il tempo trascorso tra l’emissione ed il ritorno del suono lo strumento calcola la profondità.
 


Buon vento a tutti!

venerdì 19 marzo 2010

L'ANCORA

Ora che sappiamo scegliere una buona rada, bisogna però conoscere lo strumento che ci permette di mettere la barca alla fonda: l’ancora.  
L’ancora più famosa è l’Ammiragliato. È la famosa ancora che, Braccio di Ferro ha tatuato sugli avambracci.
Esistono vari tipi di ancore che hanno diverse funzioni a seconda della loro foggia e dimensione. La scelta dell’ancora dipende anche dalla possibilità di stivarla facilmente a bordo durante la navigazione. 

L’ancora è composta da un fuso (corpo centrale ) al quale vengono collegate le marre (braccia) tramite il diamante (vedi foto a fianco). Nella parte superiore c’è la cicala, un robusto anello che serve a fissare la catena. Per assicurare che almeno una marra morda il fondo, viene messa perpendicolare al fuso, un ceppo di porzioni variabili a seconda della tipologia dell’ancora.

Le ancore si distinguono in due categorie: marre fisse, marre mobile, o ancore di forma, o ancore di peso.

Ancore a marre mobili: 
Sono la Danforth, la Hall e la CQR, sono facilmente stivabili a bordo.

Ancore a marre fisse: 
sono l’Ammiragliato e la Bruce.

L’Ammiragliato e la Hall sono anche ancore di peso, comunemente usate sui traghetti o barche a motore di grosse dimensioni, mentre le altre si possono raggruppare come ancore di forma.
Come ho detto sopra, le ancore si differenziano per la loro forma e dimensione, e, a secondo delle loro caratteristiche, lavoreranno meglio su certi tipi di fondali, mentre su altri no.

Per esempio la CQR, a forma di aratro, si infila anche dove c’è ghiaia, mentre dove vi è un fondale pieno di alghe si appoggia solo sopra, mentre la Danforth (foto a fianco), ha una buona presa, perché le marre vanno a mordere il fondo, al contrario di un fondale ghiaioso.

La Bruce, invece, la troviamo spesso su barche a motore medio-piccole dimensioni (dai 8-10m). Tiene bene su un fondale fangoso, ma come del resto tutte le ancore.

Come noi sappiamo, dal post pubblicato precedentemente, cerchiamo di far lavorare il meno possibile la nostra ancora, sfruttanto il peso del calumo, posto orizzontalmente sul fondale in modo che riesca a tenere la nostra imbarcazione ferma.

Le ancore di forma, non pensano tanto, pensate che per tenere una barca di 16t, basta una ancora di 40 Kg, poiché agisce di forma.

La CQR oggi è stata sostituita dalla Delta, più leggera, composta da delle alette che , quando diamo ancroa, scende ondeggiando, posizionandosi perpendicolare al fondale, in modo che si pianti subito.

Attenzione: state attenti a dove mettete l'ancora. Infatti vi sono posti in cui è vietato l'ancoraggio per esempio in fondali coperti da maglie di catene, utilizzati nel tempo dalla marina per attaccare boe, dove atraccavano le barche. Se andiamo a dare ancora su questi fondali, o simili, l'ancora la perdiamo, perchè non riusciamo più a spedarla. Ninete paura, non dovrete rimanere senza ancora perchè vi sono i soccoritori di ancore, che sono dei sub ove, parte del loro lavoro, consiste nel spedare ancore, incagliate. Per fare questo lavoro, che richiede poco tempo, possono chiedere anche 200€ a ancora, quando quest'ultima può costare sui 500€ ( sempre se non è di carbonio o di materiali più sosfiticati). Quindi, per evitare che accada ciò stiamo attenti dove diamo ancora, e informiamoci prima! ;)

Buon vento a tutti!

giovedì 18 marzo 2010

BUONA RADA, BUON CAPITANO.


Dopo ore di navigazione, magari ci vogliamo fermare in una caletta, per poter prendere il sole, mangiare, riposarci, sorseggiare qualcosa con gli amici, o vederci il tramonto all’orizzonte. Per fare tutte queste cose dobbiamo mettere la barca alla fonda. Prima di tutto dobbiamo cercare un posto adatto. Ovviamente la scelta della rada non deve essere solo bella, con l’acqua cristallina dove puoi vedere il fondale, i pesciolini che saltano e le stelle marine ma, deve avere le seguenti caratteristiche:

1. Non deve essere vietato l’ancoraggio (visibili i vari divieti sulle carte nautiche);

2. Deve avere un buon fondale:
FANGO = Ottimo tenitore.
SABBIA = Buon tenitore.
GHIAIA, CIOTTOLI, ALGHE = Discreto tenitore.
ROCCE, SCOGLI = Pessimo tenitore.
3. Deve essere riparata dal vento, ovvero la barca deve essere sottovento la costa.

Questo ultimo punto, come quelli esposti precedentemente, è molto importante.

La nostra barca, il mattino seguente, dovremmo trovarla nella stessa posizione. Se invece sbagliamo scelta di baia, rischiamo di non passare una notte piacevole. Chi
ha vissuto in barca sa che basta poco per litigare a bordo: lo spazio è piccolo, soprattutto in una barca a vela, i letti non sono i più comodi, anzi sono delle cuccettine piccine picciò, in genere si sta facendo una vacanza e si dovrebbe essere il più rilassati possibili, ma basta una notte in cui non si dorme bene per poter rovinare la giornata successiva o addirittura l’intera vacanza. La scelta di una buona rada dipende dal capitano, più il capitano sarà esperto più sceglierà la rada migliore. Ovviamente c’è un trucco! Se volete fare bella figura con gli amici o con la ragazza, potete consultare il Portolano, dove vi dice dove sono delle buone zone di rada, con descritto anche il tipo di fondale che si andrà a trovare. Così la vostra poca esperienza in barca verrà colmata da una guida buona e dettagliata, facendovi passar una bella serata con il chiaro di luna e la brezza marina, e magari anche qualche complimento il mattino seguente, per avere scelto un buon posto per la fonda!

Un altro requisito da sapere è quanta ancora dare. Il rapporto catena-fondale è circa 4\5 volte il fondale, ovvero bisogna dare di calumo ( catena o tessile a cui viene assicurata l’ancora ), 4\5 volte il fondale per ottenere un ancoraggio sicuro e in condizioni normali. Questa non è una regola ma, è un consiglio per permettere all’ancora di lavorare orizzontalmente e non di forma. Se le condizioni peggiorassero, con vento e mare in aumento, si consiglia anche di dare 8\9 volte la profondità del fondale.

Ocio alle altre barche!!! Infatti quando diamo ancora dobbiamo stare attenti al raggio di ruota, cerchio che indica le diverse posizioni che l’imbarcazione può assumere. Il raggio di ruota è la circonferenza che ha il centro, il punto in cui c’è l’ancora ed il raggio pari alla distanza tra l’ancora e l’imbarcazione. Ovviamente se il vento cambia, cambierà anche la posizione della nostra barca, perché essa si posizionerà sempre con la prua al vento, e così faranno anche le nostra barche.

Ma se ancoriamo troppo vicino?? Ovviamente ci sveglieremmo di notte di soprassalto dal rumore delle due barche che sono andate a sbattere, perché troppo vicine.
inoltre dovremmo sperare che l’ancora non si sia incattivita con quella del nostro vicino, perché di notte, tutto è più faticoso, difficile e meno sopportabile. Conclusione passeremo e faremo passare una brutta notte a noi e al nostro equipaggio.
Oltre a stare attenti noi, dobbiamo stare attenti anche agli altri, soprattutto d’estate, che il mare si riempie di falsi marinai saccenti ignoranti. È meglio avvertire i nuovi arrivati dove è posizionata la nostra ancora, per evitare di creare scompigli.

Adesso tocca a voi scegliere una buona rada per passare una notte piacevole, sorseggiando un buon mirto fresco in compagnia di chi volete voi, avvolti dalla brezza marina, sentendo il mare che si infrange sulla riva, e ammirando un cielo mai visto prima, ricco di stelle, e vedere, magari, anche qualche stella cadente…esprimi un desiderio!



Buon vento a tutti!

mercoledì 17 marzo 2010

BARRA VS RUOTA

Precedentemente abbiamo parlato dei due motori che abbiamo sulle nostre imbarcazioni:le vele il motore marino.

La nostra imbarcazione però, oltre ad avere un moto, deve poter anche decidere le direzioni in cui andare. Questo avviene grazie al timone.


Il timone è il volante della nostra imbarcazione ed è formato da diversi componenti tra cui:

-Pala: parte immersa nell’acqua, sulla quale agisce la pressione dell’acqua;

-Asse: struttura portante sulla quale ruota la pala;

- Testa: parte finale dell’Asse, sulla quale si innesca la barra,

-Barra: asta fissata direttamente alla testa dell’asse che permette di manovrare il timone;

-Ruota: volante collegato con la testa del timone tramite rinvi.

Sulla nostra imbarcazione troviamo o la barra o la ruota.

La barra lo troviamo su imbarcazioni più piccole, come le derive. La barra è molto più sensibile della ruota e ci permette di sentire meglio la barca, ma ovviamente bisogna praticare un maggior sforzo per poter manovrare. Le derive, oltre ad avere una barra, possiedono un prolungamento di quest’ultima che si chiama stick. Questo elemento è essenziale, perché funziona come un prolungamento del nostro timone e ci da una maggiore sensibilità. Nelle derive solitamente non si sta mai seduti nel pozzetto ( parte di poppa interna alla imbarcazione ), ma si ci siede sulla falchetta ( bordo più esterno dello scafo ). Questo per aiutarci a far maggior leva con i nostri pesi, per tenere la barca piatta ed evitare che scuffi. Facendo tali movimenti non potremmo manovrare e utilizzare il timone nel modo migliore utilizzando solamente la barra anche per una questione pratica: la barra dovrebbe essere più lunghe del normale, e quindi essere più ingombranti, con lo stick il problema si risolve.

Per le grandi imbarcazioni ovviamente abbiamo bisogno della ruota, che demoltiplica la forza, e quindi farà meno sforzo per poter manovrare, ma nello stesso tempo otterrò una minor sensibilità, rispetto al alla barra. Inoltre la ruota dipende da un meccanismo. Proprio per questo motivo a bordo abbiamo bisogno di una barra di rispetto per un’eventuale avaria.

Il moto della ruota può essere trasmesso in tre modi: sistema di ingranaggi, idraulico, barche di una certa dimensione, e frenelli, cavi d’acciaio. Quest’ultimo è il più utilizzato.

Il movimento dei due timoni è diverso. La ruota funziona esattamente come il nostro volante, se voglio andare a dritta, giro a destra, se voglio andare a sinistra, giro a sinistra.

La barra invece funziona diversamente. Se io voglio orzare devo avvicinare la barra verso le vele, se voglio poggiare invece allontanare la barra dalle vele. In questo caso non dirò allontanare la barra dal timoniere o avvicinarla , perché dipende dove il timoniere è seduto, infatti se si trova sopravento, varrà la regola detta precedentemente, altrimenti no.

Sembrerebbe più intuitivo utilizzare il timone a ruota. Per me non lo è stato, anzi ho avuto alcune difficoltà a manovrare con il classico timone. Dovevo pensarci un pochettino, prima di agire, andavo a dritta, quando dovevo andare a sinistra…però in macchina so guidare, insomma quando devo andare a destra so da che parte girare il volante della macchina! Scherzi a parte questa non disinvoltura era dovuto, al fatto che ho imparato a timonare con la barra, e i movimenti sono diversi, e quindi per orzare e poggiare, mi comportavo con la ruota come avrei dovuto fare se avessi avuto un timone con la barra!

La ruota è molto più intuitiva della barra come manovre, ma l’essere intuitivo non è una prerogativa di tutti !!^_^

Buon vento a tutti!

L'ELICA E LE SUE VITTIME!

Ogni estate durante l'arrivo in porto, i mariti timonieri, mandano le povere mogli a prendere la cima di ormeggio, queste per uno strano motivo non si aiutano del mezzo marinaio, e mettono la loro manina nell’acqua per raccogliere la cima di ormeggio. I mariti, dimenticandosi della presenza della moglie, ma stando ben attenti che la poppa della barca non urti contro la banchina del porto, danno manetta. L’elica inizia a girare, e ahimè, la mano infausta della donna fa una brutta fine.


Come avrete capito in questo post vi parlerà dell’elica, ovviamente questa prefazione è un po’ romanzata, ma purtroppo storie di mani mozzate per via dell’elica, sono successe. Quindi occhio all’elica!

Oltre ad essere la causa di molte mani di mogli mozzate l'elica è anche l’organo di propulsione, che agisce spingendo indietro l’acqua nella quale gira e trasmettendo allo scafo la corrispondente spinta di reazione in avanti.

Elementi tecnici:

Passo: spazio percorso dell’elica in un giro di 360° sei si avvitasse in un corpo solido. Viene determinato dall’inclinazione e dalla dimensione delle pale ( prima illustrazione della foto a fianco);
Regresso: la differenza tra il passo teorico (citato precedentemente) e il passo effettivo ( quello che avviene in acqua ). Esempio illustrato a nella seconda immagina della foto a fianco;
Superficie propellente: la superficie delle pale proiettata su un piano perpendicolare all’asse di rotazione;
Diametro: il diametro del cerchio circoscritto dall’elica stessa;
Velocità: è data dal prodotto del passo per il numero di giri.

Cavitazione:

Fenomeno che si presenta quando il passo dell’elica è in adatto al tipo di imbarcazione, viene così a formasi, in corrispondenza delle pale in rotazione, una zona dio vuoto ed aria emulsionata. Questo comporta: una creazione di vortici, con scarso rendimento dell’elica, un aumento incontrollato dei giri e fenomeni di corrosione.
Per vedere se la nostra elica non presenta questo fenomeno, bisogna vedere appunto se è ossidata oppure no. Infatti durante la cavitazione si forma come una bolla d’aria che corrode le pale. Quindi quando siamo in rada, o alla fonda sarebbe utile controllare le condizioni della nostra elica, ovviamente a motore spento ;)!
La cavitazione è un fenomeno che si può creare anche durante la navigazione, prendendo. Per esempio, male un’onda. Il motore andrà su di giri, fenomeno facile da percepire, vedremo nell’acqua, in corrispondenza della nostra elica, delle bolle d’aria, e la velocità della nostra imbarcazione diminuirà poiché l’elica non agisce più come organo di propulsione. La semplice cosa da fare è diminuire il numero di giri per fare in modo che la nostra elica inizi a lavorare di nuovo.

Questo fenomeno è più visibile con le barche a motore, motoscafi e via dicendo, quando avvengono le cosiddette planate, perché, per noi velisti, le vere planate avvengono quando veleggiamo, anche perché il motore di una barca a vela non è così potente.

Il mare e il vento, sono delle varianti continue e non c’è carena al mondo che possa adattarsi bene a tutte queste infinite situazioni che si possono incontrare navigando. Però, proprio come in macchina basta scalare una marcia per stringere meglio una curva un pò secca, così in mare un colpo di flap può consentire una navigazione più comoda e sicura.
Avete mare di prua? Inesorabilmente la vostra barca, se appena fila 20 nodi, tenderà a saltare come un mustang selvaggio su ogni onda, alzando la prua al cielo e poi ricadendo pesantemente sull’onda successiva. Abbassate entrambi i vostri flap e vedrete che la barca tornerà ad esser una docile amica che sfonderà le onde senza cercare di trasformarsi in un razzo interplanetario, e la vostra schiena vi ringrazierà. ;)

Elica destrorsa e sinistrorsa:

Oltre all’effetto propulsivo, l’elica produce anche effetti collaterali, tanto più accentuati quando minore è la velocità di propulsione, bisogna quindi conoscere le caratteristiche della propria elica e tenerne conto, soprattutto nelle fasi di manovra ( es: ormeggio, attracco in banchina, ancoraggio ), momenti in cui l’effetto dell’elica è superiore di quello del timone.
Elica destrorsa: vista da poppa, le pale girano in senso orario.
Elica sinistrorsa:vista da poppa, le pale girano in senso antiorario.
Entrambi gli esempi sono fatti in condizioni di marcia avanti. La prua girerà nel senso opposto ( vedi esmpio illustrato nella fotografia ).


Buon vento a tutti!

martedì 16 marzo 2010

DERIVA

Buona sera a tutti. Stasera non spiegherò un argomento da sapere per poter conseguire l’esame della patente nautica, ma vorrei mostravi un video per farvi vedere cosa vuol dire andare in barca a vela. In questo blog oltre a scrivere post di argomenti essenzialmente teorici, vorrei pubblicare, almeno una volta alla settimana, qualche racconto di esperienza vissuta, con l’intento di spiegare ai non velisti alcune basi teoriche-pratiche essenziali da sapere per poter andare in barca a vela e, nello stesso tempo, di avvicinarmi ai ricordi e alle emozioni di chi velista lo è già da tempo.

La mia poca esperienza velistica è basata soprattutto su piccole imbarcazioni a vela chiamate derive. Esistono tanti tipi di deriva: laser, 4.20, 4.70, 49er, Rs ecc..

Vi sono essenzialmente due tipi di imbarcazioni a vela a uno scafo: le derive e i cabinati. Le derive di distinguono dalle barche a chiglia essenzialmente per due motivi: le derive hanno la deriva mobile e le loro dimensioni sono ridotte, si può arrivare fino a cinque metri circa, mentre le barche a chiglia, ovvero barche dotate di una chiglia appesantita (o bulbo), dette comunemente cabinati, hanno dimensioni maggiori, dai sei metri in su, e sono dotate appunto di chiglia fissa.

In genere l’equipaggio sulle derive è ridotto per via del poco spazio che vi è a disposizione, ed è composto generalmente da due persone, raramente tre, e alcune volte anche solo una persona.

Nelle derive l’equipaggio è molto importante, come anche in un cabinato. Essendo queste imbarcazioni molto leggere, sui 100kg , l’equipaggio a bordo deve essere molto affiatato, basta poco per scuffiare ( termine che indica quando la barca si rovescia e va in acqua ), uno sbilanciamento di peso, non aver anticipato una raffica di vento, oppure essere anche solo maldestri. Non c’è niente di male nel scuffiare, anzi, alcune volte è molto divertente, e altre è inevitabile per via del vento troppo forte, ma parleremo delle scuffie in un altro post.

Ora vi lascio con un video, che spero che vi emozioni quanto emoziona me. Riguardare questo video, trovato su YouTube, mi fa ricordare l’adrenalina che ogni volta provo andando in barca vela. A mio parere le derive sono molto più emozionanti dei cabinati, poiché il rapporto che si ha con l’imbarcazione è molto più fisica e intima:

-più fisico poiché l’equipaggio, il prodiere, colui che essenzialmente sta a prua e regola il fiocco, e non solo, e il timoniere, colui che conduce la barca, con i loro pesi devono cercare di tenere la barca piatta per evitare che questa scuffi;

-più intima, non solo per il fatto che si sta attaccati con il proprio compagno di equipaggio fianco a fianco, ma anche perché vi è la vela, il vento, la barca e poi ci sei tu, quattro componenti essenziali collegati l’uno con l’altro. Le azioni che si compiono sono molto meno meccaniche di quelle sui cabinati, per ovvi motivi: le imbarcazioni infatti sono più piccole e anche la vele, quindi non si ha bisogno di demoltiplicatori di forza per regolare le vele o condurre l’imbarcazione.

Forse quando proverò la stessa adrenalina su un cabinato cambierò idea, ma per il momento trovo che l’emozioni che provi su una deriva, non la provi da nessuna altra parte.

Buon vento a tutti!

giovedì 11 marzo 2010

IL MOTORE MARINO

Per poter uscire ed entrare in porto non possiamo utilizzare le vele, anche perché sarebbe un po’ rischioso, per ovvi motivo che non sto qui a elencare. Quindi abbiamo bisogno del classico motore. Questa parte può sembrare meno interessante di quelle che seguiranno. Di sicuro gli appassionati di motori sapranno già tutto e saranno facilitati a capire e a studiare questa parte.

Il motore che viene utilizzato per le barche a vela serve, oltre per le manovre di uscita ed entrata in porto, anche come motore ausiliare per qualsiasi evenienza durante la nostra navigazione.

Come sono fatti questi motori? I motori marini sono di tipo endotermico, cioè a combustione interna. Vi sono quattro fasi: aspirazione, compressione, scoppio o espansione, scarico.

I motori si possono dividere per cicli di fasi:

4 Tempi: il ciclo completo avviene con due movimenti completi di andata e ritorno, le quattro fasi sono distinte tra di loro.

2 Tempi: un movimento completo di andata e ritorno, le fasi si sovrappongo tra di loro.

Inoltre il motore può avere due tipi di carburante.

Benzina: carburante utilizzato è la Benzina. Nella fase di aspirazione viene immessa nella camera a scoppio, una miscela di aria e benzina. La fase di scoppio avviene mediante la scintilla provocata della candela.

Vantaggi:
- maggior potenza a parità di peso e ingombro;
- dipendenza assoluta da un impianto elettrico;
- carburante raffinato, quindi più pulito, non crea problemi di intasamento filtro.

Svantaggi:
- dipendenza assoluta da un impianto elettrico;
- alta combustibilità per il tipo di carburante
- carburante che produce vapori volatili altamente infiammabili.

Diesel: tipi di carburante utilizzato Gasolio. Nella fase di aspirazione viene immensa sola aria nella camera a scoppio. La fase di scoppio avviene mediante iniezione di gasolio nella camera a scoppio che si incendia a contatto con l’aria compressa e ad elevata temperatura.

Vantaggi:
- maggior resa;
- carburante meno caro;
- assoluta indipendenza da un pianto elettrico;
- bassa combustibilità per il tipo di carburante;
- carburante più sicuro non produce vapori volatili altamente infiammabili.

Svantaggi:
- Carburante meno raffinato, intasamento filtri.

Oltre a questa principali differenze il motore si può differire anche per posizione e trasmissione.
Entrobordo: Motore e trasmissione all’interno dell’imbarcazione.
Fuoribordo: Motore e trasmissione all’esterno dell’imbarcazione.
Enfrofuoribordo: Motore all’interno e trasmissione all’esterno dell’imbarcazione.

Inoltre il motore deve essere raffreddato, se no si riscalderebbe. Vengono utilizzati due modi: quello diretto e quello indiretto.


Aperto = Diretto. La pompa dell’impianto pesca l’acqua di mare e la manda a raffreddare direttamente le parti del motore interessate e viene espulsa dal tubo di scappamento, Utilizzato sui motori di minor potenza.

Vantaggi:
- più leggero;
- meno meccanismi, quindi più affidabile.

Misto = Indiretto. La pompa dell’impianto pesca l’acqua di mare e la manda a raffreddare l’acqua dolce del circuito chiuso di raffreddamento. Viene espulsa poi dal tubo di scappamento raffreddandolo; a sua volta l’acqua dolce va a raffreddare le parti del mondo interessate. La temperatura viene mantenuta a livelli ottimali dalla valvola termostatica che esclude la scambiatore quando la temperatura è ancora bassa, ed avvisa quando la temperatura è eccessiva. Utilizzato sui motori di maggior potenza.

Vantaggi:
- minori incrostazioni nelle parti raffreddate.
- miglior resa in partenza ed in condizioni di basse temperature.

L’impianto di raffreddamento diretto è quello più utilizzato, anche se la tecnologia e le tipologia dei nuovi motori stanno andando verso la realizzazione dell’impianto indiretto.

Buon vento a tutti!

IL NOSTRO MOTORE


Come tutti noi sappiamo il motore vero e proprio della nostra barca a vela sono le vele. Esistono essenzialmente due tipi di vela: la randa e il fiocco, ma l’imbarcazione può essere provvista sia di gennaker e spinnaker, vele per una navigazione più esperta.

Su tutte le barche a vela troveremo le prime due vele a disposizione. Spiegarvi come vanno regolate le vele su un blog è impossibile, per ovvi motivi: bisogna essere in mare per imparare a regolare le vele, e non vi sono regole fisse. Una regola molto generale è che le vele bisogna cazzarle [ Cazzare: è un termine nautico che significa tesare una vela tramite la scotta appropriata, della randa o del fiocco, in questo caso. Le scotte sono le cime che ci permettono di regolare le vele ] quando siamo in bolina stretta o larga, ovvero andature che ci permettono di stringere il vento, e lascarle [ Lascare: togliere la tensione della vela, far gonfiare una vela ] quando ci allontaniamo del vento, traverso, lasco, gran lasco, e poppa, andatura particolare. Queste regolazioni valgono per le vele come la randa e il fiocco, ma per il gennaker e lo spinnaker ci sono regolazioni diverse.

Stringere il vento significa andare con la prua della barca ( parte anteriore dell’imbarcazione ) vicino all’angolo morto. L’angolo morto, è un angolo di circa 90° che ci passiamo solo per cambiare mure delle nostre vele, e direzione. Se finiamo casualmente all’interno di questo angolo, ci troviamo il vento contro, e le nostre vele inizieranno a fileggiare e non porteranno più poiché il vento non viene più utilizzato come moto laminare per condurre la nostra barca.

Altri termini nautici da sapere:
Dritta = Destra;
Sinistra = Sinistra;
Prua = Parte anteriore dell’imbarcazione;
Poppa = Parte inferiore dell’imbarcazione;
Orzare = Stringere il vento, avvicinarsi all’angolo morto;
Poggiare = Allontanarsi dall’angolo morto;
Virare = Cambiare mure;
Ammainare = togliere vento alle vele, abbassare le vele;
Issare = dare le vele al vento, alzare le vele.

Buon vento a tutti!

IL VELISTA


Essere velisti. Non si può decidere da un giorno all’altro di diventare velisti. Si può decidere di voler provare a conoscere questo mondo ma, essere velisti ,è uno stile di vita, di pensiero; è una passione che ti scaturisce da dentro, è l’adrenalina che puoi provare.

Questo blog non ha la presunzione di insegnarvi ad andare in vela, poiché si può solo imparare dall’esperienza e sul campo, o di farvi venire la passione per questo fantastico sport ma, vuole avvicinarvi al mondo della vela, spiegandovi alcune cose teoriche. 

Purtroppo, anche se una persona è il più grande skipper, o ha una grande passione non basta per poter navigare in mezzo al mare da soli, bisogna essere in possesso della patente nautica, come un pilota che vuol guidare per strada, senza patente non può andare da nessuna parte. La patente nautica è come la patente di guida, se ne sei in possesso non vuol dire che tu sappia guidare, vuol dire che ti ritengono abbastanza responsabile per poter guidare per strada, anche se poi sappiamo benissimo che questi criteri non sono molto efficienti. Infatti tutti noi abbiamo imparato a guidare da quando possediamo la patente e l’esame consiste nel giudicare che, il candidato, sia in possesso delle basi, per poter essere indipendente nella guida. Lo stesso accade per la patente nautica. L’esame serve per giudicare se una persona è abbastanza idoneo per potertesela cavare in mezzo al mare; e diciamocela tutta, stare in mezzo al mare, è diverso che guidare in strada. In macchina devi stare attento agli altri guidatori, che non è poco, ma, in mare, hai a che fare con delle forze maggiori, come le condizioni atmosferiche, e soprattutto con il mare, che è la causa dei maggiori danni.

Attenzione: i danni non li causa mai la barca perché non ha le capacità ma, l’uomo, che sbaglia in qualcosa che può essere una manovra o non il non aver regolato bene le vele, o non aver controllato le condizioni della barca, che deve essere sempre in ottimo stato per poter navigare in massima sicurezza e quindi condurre una piacevole navigazione.
Da qui in poi inizierò a pubblicare degli articoli che vi spiegheranno in parole semplici gli argomenti che bisogna sapere in sede d'esame per poter coseguire la patente nautica. Ovviamente questi articoli non sostituiscono la "guida al diporto nauticio", ma spero che vi aiutino a capire meglio i concetti più importanti. Nello stesso tempo, per tutti i visitatori di questo blog che non sono velsiti o non sono appasionati di vela, possano iniziare ad avere un interesse per questo sport, stile di vita, passione che si chiama: VELA.

Buon vento a tutti!